Tesi di prevenzione II

(segue da Tesi di prevenzione I)

Il senso comune

Il flusso dominante delle informazioni veicola un codice di leggi non scritte e non votate da nessuno, questo codice diventa “senso comune” che è, secondo Antonio Gramsci, il risultato delle varie filosofie dominanti trasportato negli schemi operativi della vita quotidiana.

Nel senso comune troviamo tutti gli stereotipi che impediscono di pensare perché vengono applicati automaticamente. Ci è sempre più chiaro che gli stereotipi cristallizzano i significati immaginari, sono per così dire a valle del processo di eruzione dal magma fuso e per questo imbrigliano l’immaginazione in un ritmo di ripetizione indifferente.

I personaggi stereotipati recitano lo stesso copione e producono una tremenda sensazione di inautenticità che si accompagna ad una grande noia. La noia è l’emozione dominante della condizione di serialità che secondo Jean Paul Sartre ci appare così:

“Ecco un gruppo di persone in piazza Saint-Germain; aspettano l’autobus alla fermata davanti alla chiesa. Prendo qui il termine gruppo in senso neutro: si tratta di un assembramento di cui non so ancora se sia, in quanto tale, il risultato interte di attività separate, o di una realtà comune che determina in quanto tale gli atti di ognuno, oppure un’organizzazione convenzionale o contrattuale. Queste persone – diverse per età, sesso, classe e ambiente – realizzano nella banalità quotidiana il rapporto di solitudine, di reciprocità e di unificazione dall’esterno (e di massificazione dall’esterno) che caratterizza ad esempio, i cittadini di una grande città, in quanto si trovano riuniti, senza essere integrati dal lavoro, dalla lotta o da ogni altra attività, in un gruppo organizzato che sia loro comune.

Va anzitutto rilevato, infatti, che si tratta di una pluralità di solitudini (….)

Critica Della Ragione Dialettica pag 383-84 Vol I

In questa condizione umana navigano gli stereotipi, di più, la serialità è una forma di coscienza che accetta lo statu quo come dato, come elemento di sfondo non analizzabile, è la “coscienza ordinaria” che tende a identificarsi con la “coscienza del mondo del lavoro” e con la totale passività.

Questa forma di “razionalità” prevede un legame sociale basato sul calcolo: dare ed avere, scambi simbolici privi di emozioni, prevalenza della logica binaria, ma soprattutto, esalta i mezzi, gli strumenti fino a divenire una aggregazione priva di scopo in cui la crescita tecnica senza significato diviene paradossalmente l’unico fine.

L’uscita dalla condizione di serialità è una attività pratica di prevenzione e si basa sulla costruzione di scopi.

Ad esempio, le persone che aspettano l’autobus, possono scoprire che c’è uno sciopero dei mezzi pubblici. Si determinerà allora una dinamica interna alla organizzazione seriale in cui verranno posti degli scopi: come facciamo ad arrivare alla nostra meta?

Questo compito produrrà un gruppo che uscirà dallo sfondo seriale, ponendosi come figura, e nel gruppo inizierà una dinamica di ruoli, ci sarà un leader che spingerà verso una forma di auto organizzazione: -chi ha una auto qui vicino ecc.- ci sarà un leader che saboterà tutti gli sforzi – Ma non c’è niente da fare, lasciamo perdere ecc ecc..-.Ci saranno portavoce del gruppo, capri espiatori. Si produrranno delle ansie paranoidi contro gli scioperanti, contro l’azienda di trasporti, contro il governo, ansie depressive per la paura di perdere il posto di lavoro, l’appuntamento d’amore, il contratto con il cliente.

Certamente qualcuno entrerà in confusione, ma tutto sommato l’irruzione di una situazione imprevista produrrà la ricerca di risorse dissociate dalla coscienza ordinaria. E da quella serie di individui massificati e passivi potrebbe sorgere una moltitudine gruppale.

L’emergere di questa nuova coscienza è il cardine della attività di prevenzione e questa attività è legata alla elaborazione di scopi, di compiti, di fini.

Dice Zygmunt Bauman:

“In un mondo ridondante di mezzi,ma assolutamente nebuloso in merito ai fini, le lezioni tratte dai talk-show rispondono ad una domanda reale ed hanno un innegabile valore pragmatico: dal momento che so già che dipende da me e da me soltanto rendere la mia vita migliore possibile; e poiché so anche che qualunque risorsa tale impresa possa richiedere può essere cercata e trovata solo nell’ambito delle mie capacità,coraggio e audacia, è d’importanza vitale sapere come si comportano altre persone alle prese con i miei stessi problemi.”

Modernità Liquida pag 69-70

Il cardine di qualsiasi attività di prevenzione nella situazione contemporanea è dunque la possibilità di elaborare degli scopi.

Armando Bauleo ed Enrique Pichon Riviere a proposito degli effetti del compito sul soggetto dicono che:

“Nel soggetto,appare una <>degli elementi in gioco, con la possibilità di manipolarli e con un contatto con la realtà in cui, da una parte gli è possibile l’aggiustamento percettivo, cioè la sua collocazione come soggetto, e dall’altra la possibilità di elaborare strategie e tecniche mediante le quali intervenire nelle situazioni (progetto di vita) provocando cambiamenti.”

Il processo Gruppale pag 59

Vi è da dire che per la concezione operativa di gruppo è proprio il compito, o meglio la costellazione di compiti o scopi o fini che dir si voglia, a fondare il gruppo. Quindi questa nozione è centrale per la disseminazione di una attività di prevenzione che si basi sulla proliferazione di gruppi.

La definizione di uno o più scopi in un ambito operativo è direttamente una convocazione. Il compito agisce da catalizzatore per fare uscire dalla serialità e fare emergere un gruppo.

Questo processo crea una tensione tra memoria e desiderio. La memoria ha sempre lo sguardo rivolto all’indietro e come l’angelo di Benjamin seduto alla macchina da cucire rammenda le identità con il filo dell’appartenenza. Il desiderio produce incessantemente, strappa le identità cambiando le situazioni e ricombinando i soggetti.

I gruppi operativi, dunque, nella misura in cui riescono a lavorare sul proprio compito, distruggono gli stereotipi che impediscono all’immaginazione radicale di emergere dalla falsa coscienza della società istituita.

La gruppalità è dunque uno stato di coscienza modificato che è dissociato dalla coscienza della vita quotidiana, dal senso comune della individualità assoluta. Per fare emergere la gruppalità è necessario individuare uno o più scopi o fini che convocano gruppi operativi.

L’attività di prevenzione è l’ individuazione di scopi e non di mezzi, i mezzi seguono i fini e non ne sono giustificati. Gli scopi convocano i gruppi operativi ricombinanti capaci di liberare l’immaginazione radicale e di produrre nuovi significati.

Piani e ambiti

Questa tesi ci porta alla chiarificazione conclusiva di questo lavoro che prende le mosse dalla psicologia degli ambiti di Pichon Riviere e Bleger. Gli ambiti costituiscono lo sfondo della situazione che è sottoposta ad analisi. Possiamo dunque considerare un ambito biologico-individuale che corrisponde ad un piano di consistenza in cui gli effetti si traducono nel codice che rilascia o inibisce enzimi o proteine, realizza legami chimici, trasmette informazioni molecolari.

Questo piano è interconnesso e compreso in una dimensione gruppale, più fluida, attraversata da desideri e divieti,organizzata in codici che permettono e/o proibiscono la sessualità a seconda di significati immaginari orientati verso l’endogamia o l’esogamia:questi codici gruppali divengono famigliari nella misura in cui i gruppi prevedano fra i loro compiti non solo regole sulla sessualità ma anche l’accudimento dei piccoli.

Da questo ambito si sconfina senza soluzione di continuità, nell’ambito istituzionale che evidenzia le relazioni di multipli gruppi fra loro, regole linguistiche, norme comportamentali per determinate circostanze, riti e cerimonie. Contenitori e contenuti si intrecciano abbracciando gli altri ambiti e aprendosi all’ambito comunitario.

Questo piano comprende varie istituzioni, una moltitudine di gruppi e di individui. Secondo la nota definizione di Tonnies la comunità è il luogo di scambio degli affetti e dei sentimenti, lo spazio della appartenenza e del riconoscimento con mitologie di fondazione confini, nemici e così via. La comunità non si identifica con il territorio: esistono comunità nomadi, né con il sangue: esistono comunità multietniche.

Tuttavia c’è una visione regressiva della comunità originaria che sarebbe stata corrotta dai cambiamenti intervenuti nel tempo, dall’ingresso di stranieri, di diversi. Questa visione di una struttura originaria, di un tempo mitico in cui tutti gli uomini vivevano una perenne età dell’oro a patto che la comunità non fosse contaminata dall’esterno, non fa i conti con l’alterità, infatti gli uomini: sono sempre quelli di quella comunità, gli altri sono sempre barbari o selvaggi da civilizzare.

E’ stato Wilheim Reich nel suo studio sulla psicologia di massa del fascismo a mettere in evidenza come il mito della comunità originaria del sangue e della terra sia stato il significato immaginario sociale su cui si è costituito il terzo Reich.

Ho introdotto questi temi perché ho da tempo proposto un nuovo ambito da aggiungere a quello individuale, gruppale, istituzionale e comunitario. Il quinto ambito è l’ambito sociale, la geselleshaft di Tonnies, la società globalizzata in cui non ci sono legami di affetti e sentimenti ma solo relazioni di calcolo: dare ed avere.

Questa società globale è ormai pervasiva ed invade qualsiasi comunità, il prototipo di questo livello di analisi è il libero mercato delle merci: in qualsiasi mercato rionale si possono trovare le noci della California o i pompelmi di Jaffa, e a New York potete trovare nell’albergo l’acqua minerale Galvanina di Rimini.

I cinque ambiti si intrecciano e sfumano l’uno nell’altro, certamente l’uso di una logica formale binaria non ci fa capire il profondo intreccio di questi diversi ambiti. Se, ad esempio, analizziamo un fenomeno con il principio di identità, non contraddizione e terzo escluso non riusciremmo a capire quanto di individuale ci stia nel comunitario o quanto dell’istituzionale sia nel gruppale.

Questo perché la logica binaria ci obbliga a procedere per algoritmi e ci pone di fronte a passaggi in cui dobbiamo decidere se si tratta di una situazione individuale o gruppale, tertius non datur. Questa logica ci porta necessariamente a situazioni indecidibili a veri e propri paradossi ben evidenziati dal teorema dell’incompletezza di Godel.

Per questo è necessario usare un’altra logica, una logica delle sfumature che rende la logica formale un caso di quella sfumata o fuzzy.

Le situazioni indecidibili sono risolte dal teorema della “sottoinsiemità” di Bart Kosco, secondo questo teorema elementi di un insieme con una loro identità e con una loro definizione possono contemporaneamente essere parte di un altro insieme più piccolo o più grande, in una certa misura.

Per esempio una situazione può essere gruppale o individuale in una certa misura e così via, nel gruppale o nel comunitario e nel sociale è contenuto l’individuale,in una certa misura, così come nell’individuale è contenuto il comunitario il sociale ed il gruppale in una certa misura.

Quindi gli ambiti applicano una logica sfumata e producono concatenazioni, vere e proprie macchine che attraversano tutti i livelli producendo effetti o meglio sintomi.

Macchine

Per la nostra concezione non c’è una relazione lineare fra causa ed effetto, questa concatenazione non è stabilita a priori e non esiste fuori dal campo come una struttura a se stante. Per capire un certo fenomeno è necessario studiarlo attraverso i vari ambiti nella situazione concreta, in questo caso si potrà osservare una macchina in azione e eventualmente studiare contropiani per prevenire gli effetti sintomatici.

E’ stato Felix Guattarì ad elaborare il concetto di macchina che a differenza della struttura non è senza tempo né senza spazio.

Le macchine, frutto di diverse concatenazioni o legami storico sociali hanno diversi effetti nei vari ambiti ed in molti casi, nell’assemblaggio delle macchine gli effetti retroagiscono sulle cause.

Per questo sarà diversa la macchina “follia” o “droga” o ”Infarto” o ”Aids” o ”Cancro” e così via a seconda di come si sia concatenata nei vari ambiti e di come presenti i propri effetti in un individuo, in un gruppo famigliare, in una istituzione, in una comunità o nella società.

La prevenzione come intervento nei vari ambiti è sempre messa in atto da gruppi operativi, che possono essere equipe istituite o gruppi istituenti.

Le equipe istituite possono avere un alto grado di pertinenza rispetto al loro compito istituzionale, tuttavia la pertinenza può accompagnarsi con un grado molto basso di appartenenza, questo fa sì che questi gruppi molto difficilmente riescano ad osservare e dunque a comprendere la macchina. Si trovano nella condizione di quei ciechi che di fronte ad un elefante non riescono a capire di cosa si tratti, perché qualcuno sente la proboscide e pensa ad un serpente, chi le zampe e pensa ad un albero chi le zanne e così via senza riuscire ad avere una idea. O se volete si perdono nei dettagli, vedono l’albero ma non la foresta.

Un gruppo istituente può avere un alto grado di appartenenza, sono amici, vogliono “fare qualcosa” ma poca pertinenza, non hanno competenze, mancano di strumenti, non sentono di dover garantire una continuità.

Vi sono altre dimensioni dei gruppi, importanti per lavorare sul compito: la cooperazione, la comunicazione,l’apprendimento e il telè cioè la capacità di potersi mettere gli uni nei panni degli altri:il grado di empatia. Questi sono fattori definiti da Pichon Riviere, che ha ripreso il telè da J. Moreno. Ma c’è un altro elemento centrale per far sì che un gruppo possa intervenire nel campo della prevenzione. Si tratta della trasversalità.

Questo concetto, elaborato da Guattari, permette ai gruppi di lasciarsi attraversare da problematiche non strettamente pertinenti al proprio compito.

C’è un tasso di trasversalità che è come l’ampiezza di apertura del paraocchi per i cavalli (l’esempio è di Guattari) se l’apertura è troppa ci sono troppe impressioni che entrano ed il gruppo può emozionarsi troppo e confondersi. Un gruppo ha un buon grado di trasversalità quando riesce ad essere operativo e cioè ad analizzare una situazione ed a predisporre piani o contropiani di intervento.

In questo caso l’analisi della situazione porta alla descrizione di un macchinario che si articola in vari punti e si esprime con dei sintomi.

L’intervento di prevenzione a questo punto può anche consistere in una mobilitazione, in un tentativo di modificare il significato immaginario sociale collegato a quello specifico macchinario in quella comunità.

Ad esempio una comunità che produce esclusione perché pensa che non ci possa essere nessuna nuova appartenenza se non per nascita a quella specifica comunità, può essere oggetto di un intervento che mira a cambiare il senso comune tramite l’utilizzo di mezzi adeguati: teatro di strada, lavoro nelle scuole, film,dibattiti assemblee, lavoro su casi emergenti e cosi via.

Dunque l’intervento è un concetto portante della attività di prevenzione, prendiamo questo termine nel suo significato chirurgico di operazione.

La prevenzione è sempre un intervento di un gruppo operativo ricombinante a più livelli dall’ambito individuale a quello gruppale / famigliare a quello istituzionale, comunitario e sociale.

Ricombinazione

L’elaborazione di un intervento di prevenzione di un gruppo operativo ricombinante necessita del chiarimento di cosa sia la ricombinazione. Questo è un termine che proviene dall’ ingegneria genetica e sta ad indicare una tecnica che permette la costruzione di DNA. I geni vengono ricombinati con altri per dare origine a nuovi organismi.

Il paradigma della ricombinazione ha raccolto un gruppo operativo attorno a www.rekombinant.org.

Un gruppo convocato da un compito funziona secondo un particolare metodo che E. Pichon Riviere ha definito: “epistemologia convergente” cioè, ad esempio, se una equipe multidisciplinare è riunita per decidere il modo di affrontare una determinata situazione se le diverse discipline non convergono attorno all’oggetto ma divergono si produce una situazione indecidibile, una paralisi: l’intervento sul campo non è possibile.

L’epistemologia convergente è una ricombinazione di diverse discipline nel campo di intervento. E’ infatti la ricombinazione a permettere l’elaborazione di una o più strategie di specifiche per una situazione determinata.

Anzi,il richiamo alla appartenenza disciplinare è un ostacolo epistemologico che funziona da resistenza in un gruppo operativo, impedisce l’elaborazione di uno schema concettuale di riferimento operativo (ECRO secondo Pichon Riviere) che è specifico per quel singolo gruppo perché è il risultato del lavoro che ha fatto quel gruppo particolare, per affrontare il proprio compito.

Dunque per diventare un gruppo operativo non si tratta solamente di apprendere alcune nozioni di una disciplina ed applicarle ma di elaborare sul campo una ricombinazione di aspetti cognitivi delle varie discipline ed aspetti affettivi sia della relazione con gli altri integranti del gruppo, sia con i saperi di cui gli altri sono portatori.

L’ impasto di sentimenti emozioni, sessualità, rabbia e piacere, sguardi, rumori e sensazioni tattili si ricombinano con concetti di questa o quell’altra disciplina dando origine ad un gruppo che decide secondo la propria modalità. Il criterio di verità,in questa visione ricombinante, emerge nella prassi, è un criterio operativo che permette ai gruppi di intervenire.

La ricombinazione come metodo per il lavoro di gruppo si accompagna alla creatività ed alla capacità di predisporre progetti specifici per situazioni specifiche.

Il metodo ricombinante fa sì che le informazioni provenienti dalle diverse discipline vengano sbranate e divorate per essere digerite e trasformate in un modo di prendere decisioni, di intervenire, di agire che contiene in se quelle informazioni che si sono mescolate con altre ed hanno prodotto anche nuovi concetti che non esistevano nelle discipline di appartenenza, nelle istituzioni accademiche che conservano il loro sapere “incontaminato”.

Il metodo ricombinante è anche ricombinazione di corpi con saperi, di sguardi con lettere, di amore con memorie, di immagini con piaceri, di erotismo con colori, di passioni con numeri, di deliri con sogni, di ragione con immaginazione.

Questo è un metodo con cui un gruppo può elaborare un progetto di intervento di prevenzione. Un gruppo così costituito è già un rizoma, una macchina proliferante che si connette in una rete di progetti immaginari e costruisce uno spazio in cui ritrova il tempo perduto dalla velocità di diffusione delle informazioni nella società globalizzata.

Dice Florence Giust-Despreires:

“Ora,il legame sociale si costruisce precisamente sull’illusione che, lo ricordiamo, è portata dal desiderio. In nome del realismo si cancellano i punti di riferimento simbolici. E’ per questo che ci sembra importante oggi ritornare su un lavoro di indagine del pensiero e della parola che produce questo appello al realismo, per ridare il suo posto all’immaginazione come creazione”.

Il gruppo tra ripiegamento e creazione. Animazione sociale 6/7 2003.

Questo significa entrare in una dimensione di intervento preventivo che promuove una modalità di aggregazione che è uno stato di coscienza modificato.

La modificazione della coscienza è l’effetto di una analisi del mandato sociale che, come ci ha insegnato Franco Basaglia ci impedisce di considerare qualsiasi intervento sul campo come un intervento “neutro”.

Del resto come ci dice Armando Bauleo:

“L’implicazione di chiunque operi in un campo di lavoro (assistenziale, preventivo, educativo, riabilitativo) è legata all’offerta che propone l’istituzione in cui si compie il lavoro. Desidero così segnalare quanto risulti difficile estraniarsi (o dissociarsi) da ciò che offre l’istituzione. Sorge quindi, la domanda su “in che modo e quanto” questa implicazione regola l’analisi che un membro della equipe effettua della richiesta”

Psicoanalisi e gruppalità pag 105

Per questo l’offerta di nuove tesi di prevenzione può essere utile per favorire l’analisi del mandato sociale dei gruppi dentro l’istituzione facilitandone la dissociazione strumentale.

Questo concetto è stato proposto da J. Bleger in relazione al modo di conduzione di un primo colloquio e a come da parte dell’intervistatore sia necessaria una dissociazione dal campo in cui si trova ad operare per potere con una parte essere in relazione e con un’altra osservare e pensare quella stessa relazione senza entrare in confusione.

La dissociazione volontaria è uno strumento o una risorsa infatti secondo Georges Lapassade:

“(…) altre culture quando affrontano stati di dissociazione, che vengono interpretati come malattia iniziatica dello sciamano o del medium, istituiscono un processo di passaggio dalla dissociazione involontaria a quella volontaria, e la dissociazione viene istituzionalizzata diventando un mestiere”

Transe e Dissociazione pag 132

In questo stato di dissociazione strumentale è possibile comprendere che non si tratta più di prevenire, nel senso di venire prima di, un danno e di impedirlo ma di promuovere stili di vita che permettano l’espansione del desiderio e della felicità.

Gli stili di vita pret a porter che sono trasmessi nello spazio informativo globale,nella infosfera veicolano dei significati preconfezionati,seriali, che generano inevitabilmente massificazione e passività.

Ma, questa ricezione passiva è dovuta al fatto che non esiste più, il tempo per elaborare attivamente tutta l’informazione che circola.

Franco Berardi ha definito questo il paradosso della contemporaneità: “più si estende lo spazio informativo: il cyberspace, più si evidenzia l’assenza di un cybertime”. Cioè il tempo biologico individuale non è sufficiente per far sì che l’informazione divenga sapere cioè passi attraverso l’esperienza e l’emozione e produca stili di vita personali. Ora tutti sono informati su tutto ma non sanno nulla. Siamo entrati nel dominio della azione senza pensiero, le informazioni sono applicate senza poter essere filtrate dall’esperienza perché non c’è più il tempo di pensare.

Queste azioni psicopatiche caratterizzano decisioni e scelte che assumono la qualità dei riflessi condizionati di Pavlov o di azioni cui corrispondono delle reazioni uguali e contrarie.

Questo scenario è uno scenario di guerra, è un mondo caratterizzato dalla vendetta e dal dominio della forza è in questa realtà che la violenza diventa significativa.

E’ assolutamente prioritario, in questo periodo togliere alla violenza ed alla forza la capacità di significare. Ogni intervento preventivo non può che aprire la strada alla libertà di pensiero: bisogna trovare il tempo, liberare il tempo, costruire e moltiplicare il tempo con occasioni di incontro per relazioni di amicizia, diffondere le pratiche dell’ospitalità, disseminare possibilità di aggregazione di gruppi.

Sabotare gli ingranaggi della macchina che ha concatenato forza-violenza-dominio-guerra con una miriade di micropolitiche desideranti di coreografie catartiche di teatri della crudeltà.

Fare corrispondere ad ogni azione una creazione uguale e contraria: alla incessante produzione di nemici,una continua liberazione di amici, alla noiosa stupidità della forza, l’appassionante intelligenza della fantasia.

Perché questo sia possibile è necessaria una politica del desiderio e cioè un agire sociale che produce forme di vita alternative allo stile di vita dominante: autogestione della sessualità e degli stati di coscienza, proliferazione di moltitudini di soggetti collettivi di enunciazione, creazione di vie di fuga dalla unificazione del pensiero, immaginazione di corpi desideranti e moltiplicazioni di gruppi ricombinanti.

(Leonardo Montecchi, 12-2-2004)

Encuentro de Secciones de la WPA

Organizado por la Sección Massmedia y Salud Mental de la WPA

Cuba-Habana

Bibliografia

Marcel Proust Alla Ricerca del tempo perduto Einaudi

Jaques Derida Grammatologia Jaka Book

Sigmund Freud Psicopatologia della vita quotidiana Boringhieri

L’Interpretazione dei sogni Boringhieri

Cornelius Castoriadis L’istituzione Immaginaria della società Boringhieri

Giovan Battista Vico La Scienza Nova Mondatori

Jaques Lacan Scritti Einaudi

Friedrich Holderlin Le liriche Adelphi

Charles S. Peirce Opere Bompiani

Erving Goffman La vita quotidiana come rappresentazione Il Mulino

Samuel Bekett Teatro Mondatori

Henry Corbin L’Uomo di Luce nel Sufismo Iraniano Edizioni Mediterranee

Michel Leris la possessione presso i Gondar Ubu libri

Guy Debord la società dello spettacolo Vallecchi

Deleuze Guattari Millepiani Castelvecchi

Felix Guattari Una tomba per Edipo Bertani

Josè Bleger Psicologia della Conduca Paidos

Psicoigene e Psicologia Istituzionale Lauretana

Alfred Schutz Don Chisciotte e il problema della realtà La Nuova italia

Mario Pollo Animazione Sociale

Antonio Negri Michael Hardt Impero Rizzoli

Polibio Storie Mondatori

Marc Augè Dysneyland ed altri nonluoghi Boringhieri

Muhyi-D-Din Ibn Arabi La Sapienza dei Profeti Edizioni Mediterranee

Zigfrid Barman Modernità Liquida laterza

Naomi Klein No Logo Baldini e Castaldi

Cristian Marazzi Il posto dei calzini Boringhieri

Karl Marx Liniamenti di critica dell’economia politica La Nuova Italia

Il Capitale Newton Compton

Philip K. Dick Ubik Fanucci

Renato Curcio L’azienda totale Sensibili alle foglie

Il dominio flessibile Sensibili alle foglie

Giorgio Agamben Homo Sacer Einaudi

Antonio Gramsci Quaderni dal Carcere Einaudi

Jean Paul Sarte Critica Della Ragione Dialettica Il saggiatore

Enrique Pichon Riviere Il Processo Gruppale lauretana

Psicologia del la vida cotidiana Nueva Vision

Armando Bauleo Ideologia Gruppo e Famiglia Feltrinelli

Psicoanalisi e gruppalità Borla

Walter Benjamin Angelus Novus Einaudi

Wilheim Reich Psicologia di massa del fascismo Mondatori

Bart Kosco Il fuzzy-pensiero Baldini& Castaldi

Franco Bifo Berardi Neuromagma Castelvecchi

Florence Giust-Despreires Il gruppo tra ripiegamento e creazione. Animazione sociale 6/7 2003.

Franco Basaglia L’Istituzione Negata Einaudi

Che cos’è la psichiatria Einaudi

Georges Lapassade Stati modificati di coscienza e transe Sensibili alle foglie

Transe e dissociazione Sensibili alle foglie

Su Leonardo Montecchi

Psichiatra, psicoterapeuta, direttore della scuola di prevenzione Josè Bleger
This entry was posted in Articoli. Bookmark the permalink.