Concezione della soggettività in Enrique Pichon-Rivière

di Gladys Adamson

(Gladys Adamson è direttrice della ‘Escuela de Psicologia Social’ di Buenos Aires e discepola diretta di Enrique Pichon-Rivère. Il titolo originale dell’articolo è “Concepcion de la subjectividad en Enrique Pichon-Rivière” e la traduzione dallo spagnolo è ad opera di Lorenzo Sartini.

 

Il tema che ci convoca è “Soggettività e Interazione verso il Nuovo Millennio”. La mia riflessione parte dall’ECRO di Enrique Pichon-Rivière e vorrei prima proporre la concezione della soggettività di E. Pichon-Rivière.

1) In primo luogo, la soggettività, per E. Pichon Rivière è di natura sociale. Lo è in riferimento a ciò che già Freud propose in “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”, nel senso che “Nella vita psichica del singolo l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico”[1]. L’altro sociale è sempre presente nell’orizzonte di ogni esperienza umana. E. Pichon Rivière parte da una controversia radicale: “Il soggetto non è solo un soggetto in relazione, è un soggetto prodotto. Non c’è niente in lui che non sia il risultato della interazione tra individui, gruppi e classi”[2]. Questo significa che non c’è niente nel soggetto che non implichi la presenza dell’altro sociale, acculturato. Pertanto colloca la costituzione della soggettività in una dimensione interazionale simbolica.
L’essere umano manca di qualsiasi facoltà o meccanismo istintivamente acquisito che gli faciliti l’adattamento all’ambiente, al territorio, o stabilisca risposte fisse agli stimoli del suo habitat. In questo senso l’uomo è l’unico mammifero superiore che crea la natura alla quale si adatterà. Questa produzione sociale culturale è presa come natura perché precedente alla nascita del soggetto.

2) La soggettività è, allo stesso tempo, singolare e emergente delle trame vincolari che la trascendono e con le quali mantiene una relazione di produttore e prodotto. Dice E. Pichon Rivière: “il contrasto che più sorprende lo psicoanalista nell’esercizio del suo compito consiste nello scoprire, con ciascun paziente, che noi non siamo di fronte ad un uomo isolato, bensì di fronte ad un emissario, e capire che l’individuo come tale non è solo l’attore principale di un dramma che cerca chiarificazione attraverso l’analisi, ma anche il portavoce di una situazione” [3].

Per E. Pichon Riviere la soggettività si costituisce nelle strutture vincolari che la trascendono e che concettualizza in termini di ambiti gruppali, istituzionali e comunitari. Queste strutture sono autonome e interdipendenti allo stesso tempo. Quando nel 1946 scrive sull’Opera del Conte di Lautremont intende la sua soggettività formata non solo dall’emergere nelle vicissitudini della sua struttura familiare-edipica, ma anche dal fatto di trovarsi a Montevideo (dal 1843 al 1851). “Durante i primi 5 anni aveva sentito storie di sgozzamenti, smembramenti, le cui vittime erano spesso amici di suo padre”[4].

3) La soggettività è concepita come un sistema aperto al mondo e, pertanto, sempre in via di strutturazione. È una Gestalt-Gestaltung (corrisponde a uno strutturalismo genetico). Non costituisce una struttura chiusa nello stile di Humpty Dumpty di “Alice nel paese delle meraviglie”, bensì la sua unica possibilità è strutturarsi con il mondo. E. Pichon-Rivière intende il soggetto in una doppia dialettica: intrasistemica e intersistemica. La soggettività non è un’interiorità. Neppure, questo soggetto, vale solo per la sua esteriorità. Il soggetto dell’ECRO pichoniano è un soggetto inteso nella sua verticalità però decentrato nel vincolo, che parla al di là di se stesso e produce socialmente, sempre, con un altro imprescindibile.

4) La soggettività per Pichon-Rivière si gioca nel dentro-fuori e nell’interno-esterno. Questo posizionamento soggettivo ha semplicemente a che vedere con la sua concezione di salute che implica un soggetto conoscente. Il processo di socializzazione è concepito da Pichon-Rivière come un lungo processo di apprendimento che dà luogo alla formazione, in ciascuna soggettività, di uno schema di riferimento che denomina anche “apparato per pensare la realtà”. Questo concetto dà conto di una struttura soggettiva che, prodotto della socializzazione, determina la riproduzione inconscia che il soggetto esegue delle relazioni sociali che lo hanno plasmato. Lo ‘schema di riferimento’ è ciò che dà conto della riproduzione delle condizioni di esistenza che il soggetto compie, riproduzione, anche, delle situazioni di sfruttamento e di assoggettamento.
Questo ‘apparato per pensare’ ci permette di percepire, distinguere, sentire, organizzare e operare nella realtà. Partendo da un lungo processo di identificazioni con le caratteristiche delle strutture vincolari nelle quali siamo immersi, costruiamo questo schema di riferimento che stabilizza una determinata idea nel concepire il mondo che, altrimenti, emergerebbe nella sua condizione di eccesso, incomprensibilità e caos. Questa conformazione dello schema di riferimento lo effettua una soggettività attiva, anche produttrice delle sue condizioni di esistenza. Questa soggettività implica che il soggetto pensi, senta e modifichi il contesto. Questa condizione attiva trasformatrice permette che la riproduzione che compie l’essere umano della struttura sociale che lo produsse non possa essere mai testuale. Si riproduce sempre, sebbene con minime trasformazioni. Questo porta E. Pichon-Rivière a pensare la metafora della spirale per rendere conto di questa caratteristica in cui la ripetizione o riproduzione “sembra uguale, ma non è uguale”.
La struttura sociale esterna in tutti gli ambiti intermediari diviene una struttura soggettiva mediante lo schema di riferimento. Qui, il grande mediatore è il concetto di vincolo. L’origine etimologica della parola vincolo è “legame” e credo che sia stato eletto da E. Pichon-Rivière come la condizione materiale della nostra costituzione soggettiva. I vincoli umani sono le strutture che permettono e effettuano il “legame” dell’essere, che nasce aperto al mondo, con impulsi aspecifici, in un campo simbolico, ovverosia la cultura, nel tempo storico sociale che ha vissuto. Vincolo è una struttura sensibile, affettiva, ideativa e di azione che ci unisce, ci “lega” all’altro essere con il quale il soggetto si identifica. L’identificazione non è posta come identificazione ad un’immagine, bensì a una caratterstica della struttura vincolare che include modelli di significazione sensibili, affettivi, ideativi e di azione che il soggetto successivamente riproduce.
Il vincolo è ciò che media e permette l’inserimento del soggetto nel campo simbolico della società. Il vincolo è una struttura bifronte, ha una faccia interna ed una esterna. La soggettività è intesa da E. Pichon-Rivière come una “vera e propria selva di vincoli”.
Dice E. Pichon-Rivière: “Lo schema di riferimento è l’insieme di conoscenza, di attitudini che ciascuno di noi ha nella sua mente e con le quali lavora in relazione con il mondo e con se stesso” (“Applicazioni della Psicoterapia di gruppo”, 1957, e in “Tecnica dei gruppi operativi”, 1960). Partiamo dalla base della “preesistenza in ciascuno di noi di uno schema di riferimento (insieme di esperienze, conoscenze e affetti con i quali l’individuo pensa e agisce)”[5]. Questo schema di riferimento è ciò che permette al soggetto di possedere modelli di sensibilità, modi di pensare, sentire e fare nel mondo e che segnano il suo corpo in una certa maniera. È la sua tendenza alla ripetizione che offrirà resistenza al nuovo, agli stimoli (idee o esperienze) che tendono a destrutturarlo. Queste vicissitudini sono essenziali per pensare una soggettività inserita in una società moderna.

5) La concezione di soggettività in E. Pichon-Rivière è quella della soggettività moderna. È qui, dove appare E. Pichon-Rivière nella sua condizione di genio che, nella decade degli anni ’60, anticipa problematiche che, solamente a partire dagli anni ’70 e ’80, sarebbero apparse come problematiche egemoniche nel campo intellettuale delle Scienze Sociali. Negli anni ’60 E. Pichon-Rivière suggeriva che dobbiamo pensare alla soggettività nella sua condizione moderna e alla società come struttura in continuo cambiamento e che tende alla frammentazione dei significati sociali[6]. Per questo sosteneva che così come abbiamo necessità di uno schema di riferimento, un sistema di idee che guidi la nostra azione nel mondo, abbiamo necessità che questo sistema di idee, questo apparato per pensare, operi anche come un sistema aperto che permetta la sua modificazione. È l’interrelazione dialettica mutuamente trasformatrice con l’ambiente ciò che guiderà la ratificazione o la rettificazione del quadro di riferimento soggettivo. Ma E. Pichon-Rivière non concepisce le modificazioni dello schema di riferimento come una rinuncia, bensì come le modificazioni necessarie per un adattamento attivo alla realtà affinché, davanti ai cambiamenti del contesto, i desideri ed i progetti continuino ad essere possibili. La strategia soggettiva non sorgerebbe inconsciamente come prodotto di uno schema di riferimento che riproduce le condizioni della sua formazione ma, al contrario, la concepisce come una strategia che possiede la direzione di un progetto,  e che ha una autonomia che si prospetta in una relazione trasformabile in maniera reciproca con il suo contesto. In sintesi: ogni schema di riferimento è inevitabilmente proprio di una cultura in un momento storico-sociale determinato. Siamo sempre emissari ed emergenti della società che ci vede nascere. Ogni schema di riferimento è, contemporaneamente, produzione sociale e individuale.
È costruito attraverso vincoli umani e riesce a trasformarci, noi che costituiamo soggettività che producono e riproducono la società in cui viviamo. Enrique Pichon-Rivière ci mette di fronte la sfida di pensarci come soggetti, contrassegnati dal cambiamento, inseriti in una società che, lo stesso, si modifica continuamente e che, attualmente, è stata definita come “contesto di turbolenza” (Mario Robirosa). Questo ci obbliga a pensare il soggetto e la società in condizioni di creazione e mutabilità. E. Pichon-Rivière riscatta così la nostra condizione di creatori. Perché non concepisce alcun sistema come chiuso e prodotto ‘per sempre’, perché tutti i sistemi, il soggetto, i gruppi, le istituzioni, i quadri teorici, l’ECRO sono aperti ai cambiamenti, i quali, inesorabilmente, ci presentano la società nella sua condizione di modernità.

6) La soggettività, così come la concepisce Pichon-Rivière, è quella che si fa presente nel Gruppo Operativo. Quella soggettività concepita nella sua verticalità, la sua storia unica e singolare, ma che è immersa in una struttura contrassegnata dal faccia a faccia e dalla presenza corporale multipla, con una logica interattiva e di produzione sociale. È il soggetto produttore e prodotto delle strutture cognitive, affettive e di azione o di presa di decisione che emergeranno nelle condizioni di produzione congiunta.

Società:
Cos’è la società per Pichon-Rivière? In “Psicologia de la vida cotidiana” fa riferimento, in numerose occasioni, alla moderna organizzazione industriale.
Starebbe riferendosi, qui, alla società, fondamentalmente, come modo di produzione.
Ma una società non potrebbe formare una struttura soggettiva come lo schema di riferimento in ciascun soggetto se non fosse concepita come una struttura simbolica.
Se la società è, fondamentalmente, una cultura determinata, può essere intesa come un ordito di significati che ciascuna società produce mediante la creazione congiunta, e che stabilisce cos’è un uomo, cos’è una donna, cos’è lo Stato, cos’è Dio, cos’è il lavoro, cos’è il peccato, la virtù, ecc. ecc. Così come segnala Castoriadis[7].
Ogni società ha strutture oggettive esterne come: a) il proprio modo di produzione e i suoi rapporti di produzione (che corrispondono a come si stabilisce la distribuzione dei mezzi materiali e dei modi di appropriazione di questi beni e valori sociali); b) la sua cultura, le sue ideologie, la sua religione, ecc.
Ogni società ha una determinata organizzazione economica che corrisponde al suo modo di produzione e ai suoi rapporti di produzione, e ha una determinata struttura sociale e ideologica che, sostiene Castoriadis, costituiscono un ordito di significazioni immaginarie sociali.
Ma la società non è solo un insieme di significazioni, poiché queste significazioni sono articolate attraverso certe modalità di relazione e corrispondono a strutture vincolari interrelate, precisamente, all’ambito di cui si tratta.
La società non è costituita, per Pichon, da strutture progettate linguisticamente, bensì, essenzialmente, da relazioni vincolari[8] che includono il linguaggio. Sono relazioni simboliche che includono rapporti di potere, rapporti economici, rapporti tecnologici. Questa concezione della società è presente nel suo libro “Psicologia de la vida cotidiana”.
La società non è un blocco omogeneo, né agisce come un tutto. Sempre la società, come tutta la realtà, ci si presenta frammentata. Al fine di oggettivarla E. Pichon-Rivière la concepisce spazialmente, per cui, parlando di soggettività, dobbiamo pensarla come emergente da un determinato gruppo, in rapporto a determinate istituzioni che si trovano in un certo contesto comunitario, che ha una certa cultura particolare. È una nozione molto vicina alla concezione topologica della società in Pierre Bordieu e alla concezione, di questo stesso autore, di campo sociale. La società è distinta in campi, per P. Bordieu[9], quali il campo economico, quello politico, quello del potere, quello culturale, ecc.
Nel nostro paese è essenziale distinguere le culture particolari presenti nella società, sebbene le integriamo in una cultura globale.
Il concetto di schema di riferimento è quello che dà conto della soggettivazione della società. È ciò che spiega il fatto che ogni società ha necessità di costruire una soggettività che a sua volta la riproduca. Ogni società, quindi, si assicura una minima universalizzazione di modelli per percepire la realtà, modi di organizzarla, di valutarla, modelli di reagire affettivamente e modelli di fare, di operare davanti alle problematiche che ci presenta il mondo.

La logica formale classica:
La logica formale classica si divide in due rami: la sintassi e la semantica.
La sintassi contiene i simboli con i quali si costruisce la logica delle proposizioni. Per esempio, “4 è divisibile per 2” si rappresenterà con lettere. Un’intera proposizione può essere rappresentata da una lettera. Per esempio, “Socrate è mortale” si rappresenta con “p”. Ci sono formalizzazioni per rappresentare le operazioni proposizionali. Per esempio, la negazione: “-” ; la congiunzione “&”, l’equivalenza “=”.
Il ramo della semantica si avvicina al senso, al fatto che i simboli abbiano un valore di verità o falsità e non ci sia un termine medio: “8 è divisibile per quattro” è vero; “8 è divisibile per cinque” è falso. In una sola proposizione ci sono solo due opzioni: o la proposizione è falsa o la proposizione è vera. La ‘Legge del terzo escluso’ implica che ci sono solamente due opzioni “p o non p”. La ‘Legge di non contraddizione’ “non si dà il caso di p e non p”.

Logiche inconsistenti
Le logiche inconsistenti sono respinte dalla logica formale classica e la ragione è semplicemente perché, partendo da una contraddizione, non si può dimostrare se qualcosa sia vero o falso. Nelle logiche inconsistenti si ammettono le proposizioni che sono vere o false ma accettano anche la presenza di antinomie: stabilire che una proposizione può essere allo stesso tempo vera o falsa. Si ammette che ci siano proposizioni complesse che hanno due valori.
Già, gli antichi greci avevano sollevato antinomie, come quella famosa di Epimenide che disse: “La proposizione che sto enunciando ora è falsa”. Se questa proposizione è vera deve essere falsa. Al contrario, se dico che è falsa, allora è vera.
F. Nietzsche: “Il fatto che un giudizio sia falso non costituisce, nella nostra opinione, una obiezione contro quel giudizio”“per principio, noi siamo inclini ad affermare che i giudizi più falsi sono, per noi, quelli più indispensabili…”, “… il non vero è la condizione della vita…” e la verità è “il tipo di errore senza il quale l’uomo non può vivere”.
Ci sono proposizioni che possono avere due valori di verità. Per esempio, dire “non è vero che la proposzione che sto enunciando ora è falsa”.
La logica della vaghezza (fuzzy) include le antinomie. Ha a che vedere con il fatto che le parole sono vaghe. La logica della vaghezza la definì il matematico Menger, ma chi la sviluppò fu un logico statunitense chiamato Zadeh. Per esempio: “Maria è cattiva”; però, Maria è cattiva tutto il tempo? E non ha mai avuto tratti di gentilezza e mai ne avrà?
La logica della vaghezza è una prova che la logica concreta è inconsistente, contraddittoria.

Soggettività e logica inconsistente:
Ho trovato interessante prendere il concetto di soggettività di E. Pichon-Rivière e pensarla dal punto di vista della moderna logica inconsistente.
È una concezione di soggettività pensata in accordo a una logica inconsistente. Perché? Perché include il paradossale, l’antinomico. La soggettività è concepita come un sistema aperto, incompiuto, che non è un Tutto. Allo stesso tempo, è un Tutto che non è un Uno, è una unità del molteplice, è un campo complesso, antinomico, con multiple contraddizioni che non si risolvono né si sintetizzano, prodotta in condizioni né di esterno, né di interno, ma di estimità (questa felice condensazione proposta da Lacan). È una struttura, però non lo è: è un facendosi, uno strutturandosi. Una Gestalt-Gestaltung, come segnala lo stesso E. Pichon-Rivière. È una struttura che cambia ma allo stesso tempo è la stessa.
Le soggettività non sono parte di un tutto che sarebbe la società e dove è possibile ricostruire il tutto per somma delle sue parti. Ciasun soggetto è una parte totale della società (C. Castoriadis). È un universale che solamente nel singolare esiste.
È una soggettività che è determinata, però è impredicibile. Si esprime e si occulta allo stesso tempo. Si trova nel presente, nel qui ed ora, però allo stesso tempo è tutta la convergenza del suo passato ed è anche l’anticipazione del suo futuro.

Soggettività e interazione verso il nuovo millennio:
Consideriamo che la Società è il contesto quadro dove troviamo la chiave della costituzione della soggettività. Questa stessa Società crea forme e modelli di interazione tra i soggetti che la integrano.
La Nostra Società si è formata partendo da due immaginari sociali eterogenei, così come segnala C. Castoriadis: 1) l’immaginario sociale democratico, caratterizzato dagli ideali e dai modelli di uguaglianza di fronte alla legge, solidarietà, autonomia, partecipazione, trasparenza, possibilità di autocritica, il modello di etica e di soddisfazione personale come partecipazione sociale e 2) l’immaginario sociale capitalista, caratterizzato dalla competenza, l’individualismo, il trionfo del più forte, la guerra simbolica dei mercati, la volontà di spostamento dei concorrenti, il modello di felicità come realizzazione materiale individualista.
La nostra società attuale si caratterizza per l’avanzamento dell’immaginario capitalista sopra a quello democratico. Questo ha prodotto l’avanzamento dell’interese individuale e privato su quello pubblico, insieme ad un ideale di edonismo come proposta di esistenza. La ricerca di una felicità riservata all’ambito privato delle persone, a detrimento di un modello di felicità legata a forme organizzative di partecipazione sociale. Si deve solo ricordare ciò che significava la partecipazione dei cittadini nell’organizzazione della polis, per gli antichi greci, per vedere la differenza di questi due ideali sociali. Il nostro mondo attuale si caratterizza per la ricerca di profitto e per l’impero di una logica predatoria che invade le relazioni sociali che, fino a poco tempo fa, non erano soggette a ‘prezzi’. Per esempio, l’azione della Giustizia non aveva prezzo, o le strategie dei partiti politici che oggi sono soggetti alle condizioni di ‘negoziazione’ (sarebbe questo: “cosa mi dai se io voto affermativamente nel Parlamento”). Questo dimostra un processo di ‘mercantilizzazione’ che colpisce profondamente i rapporti ed i cittadini. Come segnala Eduardo S. Bustelo Graffigna: “la società si svuota di società”.
Marshall Berman sostiene che lasciare la logica del mercato che guida le questioni sociali è come “mettere un motore cieco alla storia”. Ma è anche peggio un motore cieco che non sappia dove sta andando. La Legge del mercato, si sa dove va. Fallisce sempre a favore dei più forti. I risultati delle ultime decadi sono una prova di questo. La ricchezza è andata distribuendosi con iniquità progressiva. Il modello della nostra società capitalista è l’uomo economico, pragmatico, utilitaristico, infallibile e vincente, ricco, bello, sportivo, arrogante, dominatore e sicuro. Questo è l’eroe capitalista.
La disuguaglianza sociale ha un carattere centrale, pubblico e essenzialmente politico. La politica è stata svuotata di preoccupazioni comuni e hanno ridotto gli spazi democratici di partecipazione e di legittimità della lotta per invertire questo processo.
Il principale problema sociale è il livello di iniqua distribuzione del reddito e della ricchezza. Il processo di comncentrazione di ricchezza continua aumentando il divario. La politica sociale tradizionalmente è sempre stata legata alla possibilità di raggiungere livelli più elevati di uguaglianza sociale, la costruzione di una cittadinanza partecipativa e di una giustizia distributiva.
La responsabilità consiste nel fare avanzare il processo di espansione dei diritti di cittadinanza e di responsabilità. Questa responsabilità interessa le Organizzazioni della Comunità poiché il loro lavoro consiste nel cercare forme organizzative che facciano crescere la cittadinanza con progetti che aprano nuove possiblità per la lotta per l’uguaglianza. L’espansione della democrazia è l’obiettivo delle nuove lotte per la costruzione della cittadinanza. La democrazia non è solamente una forma di governo, bensì è essenzialmente una sorta di società nella quale esiste un insieme di rapporti di reciprocità e di solidarietà tra i membri che la compongono. La Democrazia è ancora in evoluzione.
Che cosa ci attendiamo dalla Democrazia nel nuovo secolo (non oso dire il nuovo millennio). Una Democrazia partecipativa, attiva e non formale. Questo significa che le nostre istituzioni trovino la propria strada nell’attenzione al cittadino (attualmente il povero cittadino sembra un mercato vincolato e la sua unica opzione è quella di essere sfruttato da uno Stato vorace), il funzionamento indipendente dei poteri, specialmente la autonomia della magistratura, una maggior partecipazione dei cittadini negli organi legislativi, trovare nuove forme nelle quali i cittadini deliberino sulla società, la creazione di nuovi meccanismi di controllo delle decisioni dei poteri, ecc., il controllo della correttezza, l’etica dei funzionari pubblici.
Non solo democratizzare l’educazione e l’accesso a eguali opportunità per competere, bensì democratizzare l’economia, questa è la sfida storicamente maggiore. Per questo è indiscutibile che la politica debba rendere i mercati governabili.
Lo Stato si è trasformato nella nuova Nobiltà per il godimento dei privilegi “legittimi”, istituiti dallo Stato medesimo. La funzione pubblica si è trasformata nel negozio privato di ciascun funzionario. Questo, porta i giovani a identificare la politica con pratiche delittuose e corrotte.
Gli obiettivi, allora, per il prossimo secolo, sono il raggiungimento di un’uguaglianza nella distribuzione dei beni sociali, non solamente beni materiali economici, ma beni in termini di educazione, salute, cultura, espansione, libertà, autonomia. Che i diritti sociali siano equamente distribuiti.
L’espansione della democrazia significa l’espansione della cittadinanza partecipativa. La democrazia è la sola che può contrapporsi al sistema di disuguaglianze che impone il sistema capitalista. Costruire una società più egualitaria per l’approfondimento della democrazia, dei suoi meccanismi e delle sue istituzioni.
Il Lavoro Comunitario deve preservare l’obiettivo di legittimare, rafforzare i vincoli, i meccanismi e le forme organizzative democratiche tra la popolazione senza distinzioni di età, sesso, razze, religioni, cultura, ecc. L’obiettivo è di legittimare le forme organizzative democratiche non solamente come forme rappresentative o simboliche bensi nell’azione. Che la popolazione con meno beni sociali (e che vive ancora in una società disciplinare esercitata per mezzo di una violenza simbolica e fisica) possa autodisciplinarsi, pensarsi e organizzarsi in funzione dei suoi diritti, delle sue necessità e delle sue proprie risorse sociali.
È un modo di esercitare un contro-potere, una resistenza al potere che ha instaurato il privilegio dei potenti stabilendo una scandalosa e progressiva iniquità sociale.
Nelle parole di Pierre Bordieu, si tratta di lavorare in funzione di un “utopismo razionale applicando la conoscenza del probabile per promuovere l’avvenire possibile”.

Note:

[1] S. Freud: “Psicología de las Masas y Análisis del Yo” Obras Completas. Ed. Amorrortu

[2] V. Zito Lema: Cap. VI de “Conversaciones con Enrique Pichón Riviere” Ed. Nueva Visión.

[3] E. Pichón Riviere: “La Psicología Social” de “Psicología de la vida cotidiana” Ed. Nueva Visión

[4] E. Pichón Riviere: “El Proceso Grupal” Ed. Nueva Visión

[5] E. Pichón Riviere: “El Proceso Grupal” Ed. Nueva Visión

[6] “Engranaje y Envoltura” de “Psicología de la vida cotidiana” Ed. Nueva Visión, 1966: “Una società stabile permette all’individuo di riconoscersi attraverso una serie di funzioni fisse che agiscono come specchi che gli danno un volto. Ma oggi quegli specchi, come un sinistro parco di divertimento, restituisce un’immagine distorta e irriconoscibile. La confusione dei ruoli sociali, che preoccupa tanto l’uomo come la donna, il fallimento di stereotipi di pensiero e di condotta, l’incertezza su un destino imprevedibile, portano ad una situazione critica e angosciante che esige di essere chiarita.”

[7] C. Castoriadis: “Lo imaginario: la creación en el dominio históricosocial” de “Los dominios del hombre: las encrucijadas del laberinto” Gedisa editorial 1988. Castoriadis stabilisce una diferenza importante tra l’immaginario sociale efficace che è quello che tende a riprodurre gli istituiti sociali e l’immaginario sociale radicale che tende alla sua trasformazione per creare l’istituente.

[8] Karl Marx nei “Grundrusse” scrive: “La società non si ciompone di individui; esprime la somma dei vincoli e dei rapporti in cui sono inseriti gli individui”.

[9] Il Campo di Pierre Bordieu è composto da un insieme di relazioni storiche oggettive tra le posizioni ancorate in certe forme di potere o del capitale, che siano queste economiche, simboliche o sociali. Il Campo è simultaneamente uno spazio di conflitto e di competizione.

Bibliografia:

E. Pichón Riviere: “El Proceso Grupal” Ed. Nueva Visión. 1985
E. Pichón Riviere: “Psicología de la vida cotidiana” Ed. Nueva Visión. 1985
V. Zito Lema: “Conversaciones con Enrique Pichón Riviere” Timerman Editores. 1976
S.Freud: “Psicología de las Masas y Análisis del Yo” Amorrortu editores. Tomo XVIII. 1979
J. Corominas: “Diccionario Crítico etimológico de la lengua castellana” Editorial Gredos. Madrid. 1974
C.Castoriadis: “Los dominios del hombre: las encrucijadas del laberinto” Gedisa editorial 1988.
Pierre Bourdieu: “Razones practicas” Editorial Anagrama. 1977
Pierre Bourdieu y Loic J.D. Wacquant: “Respuestas.”Por una antropología reflexiva”Ed. Grijallbo. 1995
Florencio González Asenjo: “Lógicas Inconsistentes” Edita EOL. 1998
Graciela Cardarelli y Mónica Rosenfeld: “Las participaciones de la pobreza” Paidos. 1998
Marshall Berman: “Todo lo sólido se desvanece en el aire” Ed. Siglo XXI

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