Compito e gruppo – I

I pionieri del lavoro coi gruppi (senza teoria della tecnica)

  • Joseph Pratt, che nel 1904 curava i suoi tubercolotici con riunioni periodiche, più tardi l’utilizzò anche con pazienti psichiatrici
  • Cody Marsch che tentò di applicare i metodi di Pratt anche con gruppi molto ampi con l’uso di altoparlanti per poter comunicare con tutti i ricoverati. Anticipò le comunità terapeutiche
  • Edwrd Lazell che utilizzò in un ospedale di Washington la conferenza come strumento terapeutico con schizofrenici

I gruppi psicoanalitici

Negli anni trenta, dopo la prima esperienza di Trigant Burrow, è lui che nel 1925 conia la dizione di “analisi di gruppo” (The social basis of consciousness,1927) i principali orientamenti furono definiti come analisi in/ di/ mediante il gruppo. Oggi le differenze sono più lievi ma utili a scopo didattico.

  • L’analisi in gruppo: è in totale continuità con la psicoanalisi classica e pensa al gruppo come un altro luogo dove praticare la psicoanalisi
  • L’analisi di gruppo: fondata da Wilfred Bion a partire dall’esperienza ospedale psichiatrico militare inglese di Northfield, insieme a Foulkes (pensato tenendo conto delle innovazioni introdotte in psicoanalisi da Melanie Klein), che riconosce una specifica dimensione psichica al gruppo, cioè lo concepisce come oggetto della psicoanalisi (grande diffusione in Europa occidentale e America del Sud).
  • L’analisi mediante il gruppo: nasce da una precisa scelta teorico-clinica del suo fondatore S.H. Foulkes,(1898-1976) (influenzato dalla teoria delle reti matriciali neurologiche di Goldstein, dalla teoria psicologica della Gestalt e dagli scritti di Burrows) che alla fine caratterizzò tanto il suo modello da non considerarlo come un’applicazione psicoanalitica ma una pratica clinica congruente con una concezione matriciale della mente (plexus) e multipersonale della nevrosi (ultimo libro: La psicoterapia gruppoanalitica:Metodo e principi, 1967). “La psicoterapia gruppoanalitica è un metodo di psicoterapia da me iniziato sin dal 1940 nella pratica psichiatrica e nelle cliniche per pazienti esterni. Deriva ed è ispirato dalle mie esperienze come psicoanalista ma non è psicoanalisi degli individui in un gruppo. Neppure è un trattamento psicologico di un gruppo da parte di una psicoanalista. E’ una forma di psicoterapia praticata dal gruppo nei confronti del gruppo, ivi incluso il suo conduttore. Donde il nome psicoterapia gruppo/analitica”

Ci chiedono come e che cosa ha a che fare la concezione operativa di gruppo con la psicoanalisi. Possiamo dire che nella psicoanalisi ci sono quattro tendenze che hanno preso come oggetto di studio il gruppo

  1. Psicoanalisi di gruppo (kleiniani, bioniani) in Italia è rappresentato dal gruppo del “Pollaiolo” di Roma e Palermo (Corrao, Claudio Neri).
  2. Gruppoanalisi (collegata con Foulkes) il cui rappresentante è D.Napolitano, L.Ancona
  3. Tendenza americana che si rifà alla psicologia dell’Io (collegata a Lewin) con Kernberg ecc.
  4. Concezione operativa di gruppo
  5. Psicodramma ?

Queste quattro tendenze convergono nella “Associazione Internazionale di psicoterapia di Gruppo” analitiche e psicodrammatiche.

Inquadramento storico della concezione operativa

La nascita della concezione operativa avviene in un momento sociale e politico molto convulso per l’Argentina. La paternità va ricercata nell’opera di Enrique Pichon-Rivière (Ginevra 1907 – Buenos Aires 1977). E’ stato nel 1943 uno dei fondatori con Angel Garma (Berlino), Marie Langer (Vienna) e Celes Ernesto Carcamo (Parigi) della Associazione Psicoanalitica Argentina (Apa), secondo gli orientamenti dell’Istituto Psicoanalitico di Berlino.

Nel periodo che va dal 1942 al 1948 (quest’ultima deve essere considerata la data di fondazione dei gruppi operativi) in America latina la situazione era movimentata specie in Argentina (peronismo), Messico (qualcosa di simile) e Brasile (fascismo).

Si registrava la nascita di movimenti di massa che assumevano come punto di riferimento una figura di leader (al di là del fatto che questi paesi non avessero partecipato alla II guerra mondiale).

E’ interessante che tra i fondatori dell’APA comparissere studiosi europei emigrati durante la seconda guerra mondiale, mentre altri erano emigrati in Nord America.

Gli esiti di elaborazione teorica dei due gruppi furono completamente diversi, fenomeno questo non ascrivibile a diversità individuali ma piuttosto alla diversità del contesto sociale nel quale gli uni e gli altri si trovarono ad operare.

Pichon: dalla pratica (psichiatrica) clinica al pensiero gruppale.

Pichon-Rivière nasce a Ginevra ma emigra subito con la famiglia in Argentina, esattamente nella provincia di Chaco e in questo contesto deve integrare due culture completamente diverse. Qui entra in contatto con la cultura “guarani” (sul fiume Parana) che definisce come un mondo mitico, nel quale la concezione del pensiero è essenzialmente magica, piena di miti, leggende e poesia e tenta di scoprire il significato dei modelli simbolici che rendono manifesto l’intreccio dei ruoli che danno forma alla vita di un gruppo sociale nel suo ambito ecologico. detto in altri termini questi modelli simbolici rappresentano l’interazione tra l’uomo e il suo mezzo (contesto) definito poi da Pichon prima contesto sociale e poi interazione dialettica.

Questo interesso a legare le cose e a scioprire cosa ci sia dietro i fatti osservabili gli farà nascere l’interesse per la psicoanalisi.
Scriverà: “la psicoanalisi mi ha aperto tutti i campi per il modo speciale di cercare lo sconosciuto attraverso il conosciuto, a partire di qui mi sono deciso a fare un’analisi personale ..”

Era di idee politiche socialiste, fu uno dei fondatori del partito socialista della sua città, non militò ma la sua pratica è limitata al Comitato di aiuto in favore della Spagna repubblicana.

Uno dei primi lavori fu in un istituto di oligofrenici e già qui si accorse che molti ritardi erano dovuti più a carenze affettive che a limiti biologici e parla della necessità di educarli e non di ri-educarli.

Si laurea in medicina e va a lavorare al manicomio di Las mercedes dove resterà per 15 anni. Gli studi e le esperienze di questo periodo gli permettono di definire il comportamento stesso come “una totalità in evoluzione dialettica ed a comprendere questa struttura, come differente dalla visione parziale, descrittiva e fenomenologica che invece erano imperanti nel mondo della psichiatria.

Tutto quello che fa o pensa nasce dall’esperienza diretta. Si accorge per esempio che c’è sempre un momento, una possibilità di dialogo anche con la psicosi (Freud riteneva questo impossibile per via della regressione alle prime tappe della vita-narcisismo- che rendeva impossibile lo stabilirsi di un vincolo oggettuale con l’analista).

Pichon riteneva che nella psicosi accadeva un vissuto di perdita da parte dell’Io per il controllo degli oggetti, la dialettica interna acquista una forma di congelamento della relazione con il mondo esterno.

Questa relazione – PROCESSO VINCOLARE- è caratterizzato da Pichon come “L’ AGGIUDICAZIONE ED ASSUNZIONE DEI RUOLI ISCRITTI NEL MONDO INTERNO” e rivela la struttura del mondo interno che ha sofferto un deterioramento ma che non è distrutto e quindi può svelare una trama vincolare. detto in un altro modo:

“il processo vincolare rende manifesta la struttura dei vincoli internalizzati, cioè la dimensione intrasoggettiva”.

Pichon si interroga sulle leggi e sui processi organizzatori di questa struttura che non può essere sciolta nel concetto di relazione d’oggetto (puramente psicoanalitica) ed arriva quindi alla nozione di VINCOLO.

Nozione di Vincolo:

E’ un concetto molto complicato nel suo pensiero anche perché lui stesso ne fornisce molte definizioni e perché in questa nozione è enunciato molto di più di quanto esprime: ad esempio per vincolo si intende

  • la condotta manifesta e la condotta latente
  • le guarigioni fantasmatiche
  • le relazioni d’oggetto (totale o parziale)
  • l’attualizzazione del rapporto madre-figlio
  • il problema delle ansie di base
  • il problema della comunicazione
  • la situazione del terzo escluso
  • il problema dell’aggiudicazione ed assunzione dei ruoli

c’è quindi una complessità nell’articolazione interna al pensiero di Pichon che ci permette comunque di capire che è un pioniere che affronta il passaggio dal pensiero psicoanalitico (tranfert individuale) al pensiero gruppale (trama vincolare).

Il passaggio dalla prospettiva intrasoggettiva a quella intersoggettiva. Il gioco avviene tra mondo interno e mondo esterno (introducendo la dimensione del sociale)

Possiamo dividere la storia della concezione operativa di gruppo messa a punto da Pichon-Riviere in tre tappe:

  1. la creazione dei gruppi operativi nel 1948
  2. elaborazione intorno al problema metodologico, dieci anni dopo
  3. nascita e sviluppo della concezione operativa di gruppo, che continua tuttora (si passa cioè dal gruppo ad una concezione più ampia).

Nascita dei gruppi operativi

I gruppi operativi di Pichon nascono all’interno di una praxis finalizzata a svolgere qualcosa. A quel tempo Pichon lavorava all’ospedale psichiatrico di Las Mercedes di Buenos Aires che era, ed è tuttora, una struttura tremenda, di tipo asilare, riservata a pazienti donne dove le pazienti vivevano letteralmente ammucchiate.

Pichon osservando quello che era accaduto precedentemente nell’ospedale aveva cominciato già a rendersi conto che c’era qualcosa di gruppale all’interno dell’istituzione. Era accaduto che un paziente catatonico aveva assassinato uno degli psichiatri: Tale medico appariva come una figura con molti tratti sadici; tutti lo odiavano tanto che, silenziosamente, avevano cominciato ad affilare un cucchiaio fino a trasformarlo in un’arma mortale. Il colpo viene sferrato da questo catatonico che non parlava ma era un leader.

Come responsabile del reparto d’Ammissione del manicomio di Las mercedes, si era accorto che nell’urgenza – che porta il paziente all’ospedale- era importante il ruolo del contatto con l’intorno del paziente, cioè con il contesto gruppale, in particolare quello familiare immediato e vicino al paziente.

Si era anche accorto che gli infermieri dell’accettazione non sapevano dare risposte adeguate ai malati e alle famiglie pur avendo grande esperienza. La loro era una incapacità a concettualizzare. Comincia a farli lavorare in gruppo.

Per una serie di problemi si trova con il personale paramedico molto ridotto: dunque un reparto privo di assistenza con pazienti che stavano malissimo ma anche con altre pazienti che stavano per essere dimesse. Si doveva fare qualcosa per l’assistenza. Per farlo utilizza le risorse che ha. Responsabilizza le pazienti in via di dimissione per aiutare quelle che stavano malissimo. Fa lo stesso che aveva fatto con gli infermieri.

Dopo un po’ apri pure una sezione per adolescenti all’interno dell’ospedale psichiatrico (che chiamerà dell’età evolutiva).

Quello che lo colpiva erano i vincoli, i meccanismi d’interazione che proprio in questo primo contatto si rendevano manifesti e dice testualmente:

nel momento della crisi vidi: 

  1. l’efficacia della interazione dialettica tra i soggetti; potentizzandosi (in questa relazione) il ruolo configuratore, strutturante dell’esperienza (Relazione) con l’oggetto
  2. si comprende chiaro il ruolo che compiono le relazioni reali (che saranno uno degli elementi configurazionali della costruzione del mondo interno del paziente. 
  3. mi domandai come dai principi organizzatori del mondo interno si mantiene una dialettica permanente con l’esterno.

quindi è in quel gruppo che la situazione di crisi (conflitto) fa emergere la malattia come tentativo fallito di risolvere il conflitto(cominciando a dividersi dalle idee kleiniane)

Pichon intende, in questo periodo, per mondo interno come un sistema nel quale interagiscono relazioni e oggetti in una mutua rialimentazione, come la ricostruzione della trama relazionale del sistema di vincoli dal quale il soggetto emerge. La ricostruzione che tentiamo di fare nella relazione vincolare è fantasticata ma (nella dialettica dentro-fuori, interno-esterno) è possibile un graduale e progressivo aggiustamento.

In questo hanno un ruolo centrale la COMUNICAZIONE e L’APPRENDIMENTO.

Gruppo interno

Definisce l’insieme di relazioni internalizzate, cioè che sono passati dal “fuori” al “dentro” (mondo interno) e si trovano in permanente interazione con l’esterno: Dice Pichon: “Sono relazioni sociali internalizzate che riproducono nell’ambito dell’Io, relazioni ecologiche (intendendo per ecologico il contesto)”

Vincolo

“Una struttura complessa che include un soggetto, un oggetto e la loro mutua interazione, attraverso processi di comunicazione e apprendimento”.

Quando parliamo di vincolo osserviamo un rapporto tra due elementi ma anche la struttura che si organizza quando questi si combinano. La nozione di vincolo è qualcosa quindi di strutturale.

Per Pichon la nozione di Vincolo supera quella di di relazione d’oggetto propria della psicoanalisi perché non è sufficiente a comprendere tutto quello che succede nel processo (trasferale) vincolare.

apparato psichico e oggetto (Freud)
apparato psichico – oggetto VINCOLO (Pichon)

Il vincolo in sostanza non è una relazione tra apparato psichico e oggetto ma è la struttura interna della relazione d’oggetto: Intendendo la relazione d’oggetto come concetto.

Il vincolo però è sempre un vincolo sociale. Va cioè contestualizzato ogni volta.

E.C.R.O. (Eschema Conceptual Riferimento Operativo) o Schema di Riferimento. E’ quell’insieme di esperienze, teorizzazioni ed affetti con cui affrontiamo la vita. Oscilla tra identità e cambiamento.

E’ la conoscenza che è costituita da tre momenti basici

  • esperienza
  • concettualizzazione (difficoltà a trasformare l’esperienza in esperimento)
  • trasformazione

Schema: insieme armonizzato di conoscenze in continuo movimento

Concettuale: insieme di conoscenze che ci parametrano linee di lavoro e di ricerca

Riferimento: allude all’ambito, al segmento di realtà

Operativo: è l’adeguamento di ciò che si pensa o si enuncia in relazione con l’oggetto (CAMBIAMENTO, TRASFORMAZIONE, ATTUAZIONE)

Ideologia

“Il sistema di rappresentazioni latenti non necessariamente esplicitate nel discorso e che sono il riflesso delle distinte pratiche degli uomini”

Uno dei chiodi fissi di Pichon era l’esperienza professionale e la necessità di organizzare un pensiero che potesse comprendere questa esperienza.

Da questa pratica ospedaliera psichiatrica ricava due concetti di grande valore:

  • la nozione di compito (nodo centrale della pratica gruppale)
  • la nozione di emergente (strumento primordiale per osservare le differenti situazioni, per capirle, per poter intervenire.

Il concetto di compito ci può far confondere con la tendenza americana (la realtà, il pragmatismo, la parte adattativa dell’Io).Pichon parla di adattamento attivo dell’Io ma se gli vogliamo cercare un difetto è meglio cercarlo negli aspetti kleiniani che nella psicologia dell’Io:
Pichon ha utilizzato la terminologia come “resistenza al cambiamento” perché non trovava dentro la letteratura analitica chi poteva riflettere meglio cosa succedeva nel gruppo.

Un altro problema è stata la possibilità di confusione con la tendenza bioniana che ci è più simile (nel senso che Bion pensa al gruppo di lavoro che ha come ostacolo le relazioni affettive che si svegliano all’interno del gruppo e noi che i blocchi affettivi impediscono al gruppo di portare avanti il suo compito) c’è però per noi una specificità.

Pichon-Rivière definisce gruppo operativo come “un insieme di persone riunite da costanti di tempo e di spazio, che si integrano tra loro attraverso una mutua rappresentazione interna e che si propongono implicitamente o esplicitamente un compito, che costituisce la qualità del gruppo.” (E. Pichon-Rivière, Il processo gruppale. Dalla psicoanalisi alla psicologia sociale, Loreto, Lauretana, 1985)

La nozione di compito dà un’identità alla nostra tendenza, permette di riflettere su quali siano le particolarità del nostro pensiero intorno ai gruppi.

Il compito appare in Pichon non solo come un qualcosa di motivazionale ma come una cosa progressiva.

Pichon utilizzava non solo il “perché” ma anche “affinché”. Non solo riflettere sul passato ma come utilizzare il progetto. Come cioè emergeva il progetto all’interno di una struttura gruppale. Nel gruppo non si può parlare solo di regressione, ma c’è anche un gioco processuale regressione/progressione dove non c’è l’una senza l’altra.

Quando si parla di compito non si parla solo del compito reale su cui si è organizzato il gruppo ma anche di quale sarà un possibile progetto di gruppo: tutti i gruppi pensano a una possibilità di progetto e questo si trasforma anche come compito di gruppo.

Quando Pichon parla di compito parla di un aspetto motivazionale (regressivo che dovrebbe apparire in ogni gruppo come il gruppo familiare, aspetti più primitivi, i fantasmi di accoppiamento dei genitori), ma anche si pensa a quale possa essere il futuro, alla possibile strumentalizzazione delle cose che stiamo imparando e così via.

Questa nozione di compito va ripensata varie volte, a partire da che cosa? I francesi parlano con insistenza di “analisi della domanda” ma non hanno come noi spagnoli e italiani due parole come “richiesta” e “domanda”.

A voi viene fatta sempre una richiesta, cioè l’esplicito, il manifesto puro.

RICHIESTA = MANIFESTO

ma noi dobbiamo sapere che dietro questo c’è un’altra cosa che noi dobbiamo scoprire. Scoprire la domanda, molte volte è la fine del processo. (un paziente per esempio viene con male alla gamba e noi… ma che gamba…)

Per noi il compito è mettere in chiaro questo progresso di passaggio tra richiesta e domanda: i pazienti chiedono una cosa ma quello che dobbiamo scoprire è un’altra, sembra che il gruppo lavori su una cosa ma la vora su un’altra. E’ un passaggio per capire cosa c’è dietro la richiesta.

domanda: Nella richiesta è già implicita la domanda.Il mio lavoro sarebbe di riuscire non a cercare dentro di me questa domanda ma ad aiutare il paziente a ricercare la domanda implicita che c’è già nella sua richiesta, E’ così?

No! Questo ha portato ad un grosso equivoco teorico nella psicoanalisi. Si tratta dei modi diversi di lettura dell’inconscio.

  • l’inconscio ha già una domanda in sé ed uno deve scoprirla (esegesi) E’ una tendenza capitanata da Paul Ricoeur
  • la domanda è prodotta attraverso il vincolo tra quella richiesta iniziale e te: può essere che con te esca una domanda con un altro un’altra domanda. E’ il vincolo con te che produce la domanda.

Tu cominci un gruppo con un compito determinato ma non sai dove finirà quel gruppo; quante cose nuove potrà produrre, se no si pensa che nel gruppo già ci sia il compito che bisogna sviluppare. E’ da qui che il compito deve essere sviluppato.
La domanda che hai fatto parte dalla disputa su che cosa fosse l’inconscio. Se fosse un recipiente o una qualità che viene prodotta e mantenuta e che appare in ogni vincolo nelle diverse maniere.
Qui ci avviciniamo a Bion quando dice che all’interno di una situazione di gruppo uno non trova un istinto gregario, trova un’altra qualità dell’uomo (perché ciò che si trova nel gruppo non si trova se non sta nel gruppo) è l’aspetto politico dell’uomo (W.Bion, Esperienze nei gruppi, Armando 1971 (1961).

Per noi non c’è sviluppo di compito senza sviluppo di gruppo. Non esiste che noi scopriamo una cosa del compito senza che il gruppo si modifichi. Per noi c’è parallelismo tra sviluppo del compito e sviluppo del gruppo.

Non c’è sviluppo del compito con un gruppo burocratico (che invece lo nega e lo paralizza) Quando parliamo del compito parliamo di cosa succede nel gruppo, come sono i vincoli, cosa sta producendo quel gruppo.

“si apprende solo per odio o per amore”

Per noi parlare di compito è parlare della PRODUZIONE GRUPPALE.

Quando diciamo che il compito è l’elemento centrale intendiamo ricordare che quando Freud parla di cosa sia la psicoanalisi dice ” per prendere in considerazione la psicoanalisi bisogna prendere tre concetti: inconscio, rimozione e transfert”. La rimozione sta collegata con la sessualità infantile quindi possiamo dire che le tre cose diventano:inconscio, sessualità infantile, transfert/resistenza.

La nostra concezione dice che abbiamo bisogno di prendere in considerazione una cosa che è il compito…in un cero senso parliamo di conscio e inconscio nello stesso momento. Si apre una problematica che è quella della MOTIVAZIONE.

Diciamo che un gruppo comincia a funzionare come raggruppamento attorno ad un tema che permetterà la sua trasformazione a gruppo. Questo tema ha a che vedere con ciascuno di questi individui

 

compito

Primo problema della relazione gruppo-individui appare in questo modo la motivazione che sta là. La chiamo motivazione perché non voglio mettermi in discussione con il registro del desiderio ecc….(si apre la prospettiva del perché uno ha il desiderio per questo compito e, come diceva DEVERAUX ogni compito che uno prende in considerazione lo fa perché è AUTOPERTINENTE) (l’astronomo che osserva il cosmo se cominciamo un’analisi ha a che fare con la sua vita individuale: AUTOREFERENZIALE. Tutti noi se siamo terapeuti di gruppo è per il gruppo familiare che abbiamo avuto. Questo punto autopertinente fa sì che uno si interessi di un certo tipo di cose. E’ importante perché sarebbe il rapporto individuo-raggruppamento che dopo passerà ad essere elemento all’interno della struttura gruppale.

 


compito_2

in ognuno di questi
c’è qualcosa che ha
a che vedere col compito
ed è un rappresentante
del gruppo interno


Quando diciamo che un individuo non va ad un gruppo ma esce da un gruppo, stiamo parlando di questo: (lui porta una problematica che vuole chiarire in un altro gruppo)

compito_3

Il problema è che  compito_04 non vuole sviluppare il problema con il compito attraverso il gruppo ma vuole svilupparlo nel gruppo interno.

E per questo che certe volte sembra non si capisca più niente su cosa succede. E’ con il gruppo interno che il compito mette in relazione l’individuo.

Il compito mette in moto il gruppo interno.

Le ansie che emergono nel gruppo sono dovute a problemi col gruppo interno. Quando uno sente che è confuso, un po’ fuori, è che sta parlando con il gruppo interno non con il gruppo attuale.
Il compito non è solo il manifesto (ha fatto il compito? Ma quale compito!) è che il quadernino uno lo deve far vedere a quelli del gruppo interno che sono molto peggio di tutti quelli del gruppo attuale messi assieme! (c’è un superIo qua che…uhmmmm!)

Il nostro problema è mettere in relazione tutto quello che si sveglia tra gruppo interno/individuo con il gruppo attuale. La latenza si riferisce a questo.

Il latente sono i gruppi interni che si rimettono in moto.

Per questo diciamo che quando il gruppo comincia a funzionare cominciano a modificarsi o ad apparire gli altri elementi dei soggetti. Il problema è la TRASMISSIONE.

Pichon-Riviere quando scrive uno dei suoi articoli più complicati “Struttura di una scuola destinata alla formazione di psicologi sociali”(1969) si pone il problema di come si insegni ciò. perché quando diciamo che il compito mette in moto l’aspetto motivazionale che ha a che fare con il (cioè :deriva dal) gruppo interno, stiamo dicendo che in ogni gruppo gli effetti terapeutici o pedagogici dipendono dalla modifica di questo gruppo interno. Non dalla cosa che ho imparato con questo compito (noi non siamo comportamentisti) ma parliamo direttamente della modificazione del gruppo interno. I gruppi interni sono quelli che permettono o no un certo tipo di comportamento. Altrimenti si tratterebbe solo di modificazioni svolte solo nel manifesto.

domanda: quando si parla di modificazione del gruppo interno si intende del legame affettivo che si ha con il gruppo interno?

Un soggetto comincia per esempio a concedersi di fare certe cose (per esempio prima non potevo parlare di certe cose adesso ne posso parlare) non si sa bene perché. Non si può dire papà si è messo più a sinistra, mamma più al centro…(io arrossisco se parlo di masturbazione adesso posso parlarne…) Questo è il cambiamento del gruppo interno, non è che bruscamente io so… Posso pensare a qualcosa a cui prima non pensavo.

domanda: anche il contrario.

Perfetto!

Questo soggetto e il gruppo interno non si lasciano. Uno li vuole modificare e “no caro, tu continua…”: Ricordate che il sintomo è la transazione tra il desiderio e la difesa. Il sintomo è la cristallizzazione del gruppo interno.

Di fronte al compito come appare questo? (non capisco questo compito, non so com’è!) Mi turbano, non capisco niente, come è questa cosa ?. Questo è la traduzione ma la cosa che sta succedendo è lì, con il gruppo interno. Il nostro problema è pensare a cosa stia succedendo con questi gruppi interni in questo passaggio:

(mi iscrivo alla facoltà di medicina.. cosa voglio col gruppo interno?) (un esame! Che difficoltà studiare, la noia!). più duri sono i gruppi interni più alta è la noia.

Quando Bion e altri parlano della cosa INTERFANTASMATICA si tratta di questi fantasmi “attivati” da questo compito che chiede un certo tipo di attività.

Il compito risveglia il gioco fantasmatico all’interno del gruppo:

In ultima analisi io vengo a risolvere nel gruppo un problema di un’altra parte, che risiede nel vincolo soggetto-gruppo interno.

Ma c’è dell’altro.

Mi aspetto che, dopo risolto, il gruppo interno mi permetta di essere in un’altra maniera: Ciò di cui parlo adesso diviene poi uno strumento da utilizzare (per noi che siamo psichiatri, psicologi, educatori, sappiamo che lo strumento principale è la nostra personalità e noi possiamo lavorare se c’è modifica della nostra personalità).

Per noi il nostro compito è molto più autopertinente.

Portando avanti il compito si ha un lavoro bifronte: passato-presente. Tutte le strategie che uno fa in questo rapporto. Uno dei termini che più piacevano a Pichon quando parlava dei vincoli interpersonali era parlare di strategie per evitare il dolore di pensare.

Domanda: Ho un paziente che nel gruppo continua a ripetere che è indifferente, non prova alcuna emozione né lì né altrove e io non capisco.
E perché lo dice?!

E’ un gruppo che ti sta domandando se sei indifferente, se ami o no quel gruppo. Allora questa persona che sicuramente a casa sua era quello che domandava di più “papà a chi vuoi bene di più tu? Mamma a me anche?” e chi si fa carico nel gruppo di dire che nel gruppo hanno un pudore totale a dire “lei ci ama o no? Ce lo dica una volta per tutte, non fingere più”.

Con questo tocchiamo l’altro tema che sta sempre collegato con il compito; il TRANSFERT.

All’interno della concezione operativa di gruppo il compito è un oggetto do transfert.

domanda: un’amica mi ha chiesto la differenza tra c.o. e concezione bioniana. Ho tentato di spiegarlo e mi ha detto che è una sottigliezza.

Capisco che è un problema di appartenenza e di come scegli lo strumento che diventa tuo.

Il problema dell’appartenenza fa giocare il problema dell’identità.

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