“La sinistra freudiana: il fiume carsico che parte dall’Europa, scorre in Argentina e giunge in Italia”

Il corso si pone l’obiettivo di discutere il percorso che dal “Disagio della civiltà” di Sigmund Freud dipana la questione storica dell’ampliamento dell’intervento psicoanalitico dall’individuo alla società, con particolare riferimento alla funzione attributiva di ruoli e compiti fornita dalle istituzioni sociali. La verticalità del potere, il simbolismo coercitivo che attraversa gli ambiti dell’universo psicologico umano dalla sua condizione (impraticabile) di individuo a quella di depositario attivo e passivo delle norme comunitarie. La funzione degli stereotipi e dei pregiudizi ed i principi del gruppo operativo di E. Pichon-Riviere e Josè Bleger. La pratica clinica. La attualizzazione europea di Armando Bauleo e Leonardo Montecchi.

Esercizi di Sinistra Freudiana
Philolab 17 maggio 2011 Roma

1. Brevi citazioni dalla “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” (1921) e da “Il disagio della Civiltà”, S. Freud (1929)

Psicologia delle masse e analisi dell’Io

“Nella vita psichica del singolo, l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico, e pertanto la psicologia individuale è anche, fin dall’inizio, psicologia sociale”
“La psicologia delle masse considera quindi l’uomo singolo in quanto membro di una stirpe, di un popolo, di una casta, di un ceto sociale, di una istituzione, o in quanto elemento di un raggruppamento umano che a un certo momento e in vista di un determinato fine si è organizzato come massa”  imponendo l’esigenza di identificare una forza specifica, la pulsione sociale, il cui costituirsi può venire individuato nell’ambito più ristretto della formazione familiare.

“Psicologia delle folle” di Gustave Le Bon (1895): “La massa psicologia è una creatura provvisoria, i cui membri si legano fra loro necessariamente per mezzo di una qualche forma di vincolo, che sarebbe ascrivibile ad aspetti inconsci della personalità. “Nella massa l’individuo si trova posto in condizioni che gli consentono di sbarazzarsi delle rimozioni dei propri moti pulsionali inconsci (…) in tali circostanze la coscienza morale o il senso di responsabilità vengono meno, e sappiamo che la coscienza morale è il risultato della angoscia sociale legata alla repressione degli istinti necessaria alla convivenza sociale.”La massa è impulsiva, mutevole e irritabile, è governata per intero dall’inconscio (…) si sente onnipotente, per l’individuo appartenente alla massa svanisce il concetto di impossibile (…) è influenzabile, pensa per immagini, i sentimenti sono semplici ed esagerati (…) chi desidera agire su di essa, non bisogno di coerenza logica fra i propri argomenti (…) vuole essere dominata e oppressa e temere il proprio padrone. Fondamentalmente conservatrice in senso assoluto (…) per influsso della suggestione le masse sono però anche capaci di realizzazioni più alte, l’abnegazione, il disinteresse, la dedizione ad un ideale (…) si può parlare di una moralizzazione del singolo attraverso la massa (…) Le masse non hanno mai conosciuto la sete della verità, hanno bisogno di illusioni e a queste non possono rinunciare”. Si evidenzia un predominio della vita fantastica, dell’appagamento sostitutivo ed illusorio di desideri inconsci, della realtà psichica su quella materiale, tipicamente nevrotico.

“La psiche collettiva” di W. Mc Dougall (1920)
“Anche l’anima delle masse è capace di creazioni spirituali geniali (lingua, canto popolare, folklore, la rivoluzione russa e cubana, ecc..) sono state classificate masse formazioni assai diverse che occorre distinguere, le masse di Le Bon fanno riferimento a gruppi di breve durata, eterogenee e frettolose, transitorie (…) le affermazioni contrarie scaturiscono dalla considerazione di quelle masse o associazioni stabili entro cui gli uomini trascorrono la loro vita e che si incarnano nelle istituzioni della società. Gli elementi più interessanti di questa analisi si riferiscono agli aspetti costitutivi della masso altamente organizzate, dove si comincia ad individuare, grazie a Mc Dougall, la conformazione distintiva di ciò che chiameremo gruppo operativo, fondato sul compito e sulla suddivisione dei ruoli, e su aspetti di proiezione emozionale di carattere ambivalente

“Libido è un termine desunto dalla teoria dell’affettività, chiamiamo così l’energia delle pulsioni attinenti a tutto ciò che può venir compendiato come amore (sessuale, filiale, amicale, per l’umanità per idee astratte e oggetti concreti). Tramite la parola amore nelle sue molteplici accezioni, la lingua ha creato una sintesi perfettamente legittima seppur questo utilizzo abbia provocato numerose reazioni ed accuse di pansessualismo alla psicoanalisi alle quali Freud risponde: “Non posso scorgere alcun merito nel fatto di vergognarsi della sessualità”ma, in relazione alle questioni dibattute si considererà l’ipotesi che le relazioni d’amore (i legami del sentimento) costituiscono l’essenza della psiche collettiva. Due ipotesi: la massa viene tenuta insieme da qualche potenza, l’Eros; Se  nella massa il singolo rinuncia al proprio modo di essere personale e si lascia suggestionare dagli altri, sembra farlo perchè in lui c’è un bisogno di concordare con gli altri anziché contrapporsi. Ci si lascia suggestionare per amore (nel senso sopra descritto, libidico/energetico) degli altri.

Due masse artificiali: “la chiesa e l’esercito: altamente durevoli ed organizzate, per salvaguardarle dalla dissoluzione e per impedire modificazioni della loro struttura viene impiegata una certa coercizione esterna. Di regola non veniamo consultati circa la nostra volontà di entrare a far parte di una massa siffatta ne la cosa resta affidata alla nostra decisione§; il tentativo di uscirne viene solitamente perseguito o severamente punito o risulta vincolato a condizioni ben determinate (…) nella chiesa come nell’esercito vige la medesima illusione, in base a cui esiste un capo supremo che ama di amore uguale tutti i singoli componenti della massa. Vige una subordinazione al capo motivata da un investimento libidico, in entrambe queste masse artificiali ogni singolo è legato da un lato al capo (Cristo, il comandante supremo) e dall’altro agli altri individui componenti la massa per cui ci sembra di essere sulla strada giusta, ossia sulla strada che può condurci a una spiegazione del fenomeno fondamentale della psicologia collettiva: l’assenza di libertà del singolo all’interno della massa
Freud aggiunge anche che sostanzialmente ogni religione è una siffatta religione dell’amore per tutti coloro che essa abbraccia nel suo ambito (per l’esercito, per le tifoserie, per i partiti politici?)  e ogni religione è per sua natura crudele e intollerante nei confronti di coloro che non ne fanno parte.
Sorge qui spontaneo il riferimento ai concetti di stereotipo, pregiudizio di Bleger e Montecchi e agli assunti di base di Bion.
Inoltre è interessante la chiosa di Freud al paragrafo: Se, come oggi sembra accadere per quanto riguarda  il sentimento socialista, al posto del legame religioso subentra un legame collettivo diverso, ne deriverà, nel confronto con gli esterni, la medesima intolleranza avutasi al tempo delle guerre di religione e, qualora i divari tra le concezioni scientifiche potessero acquistare per le masse un’importanza analoga, il medesimo risultato si ripeterebbe anche per la nuova motivazione”.

“Occorrerebbe partire dalla constatazione che, fin quando tali legami non vi siano stabiliti, una mera moltitudine (v. Revelli) di uomini non è ancora una massa, e ammettere al tempo stesso che in una qualsivoglia moltitudine umana si manifesta con grande facilità la tendenza al formarsi di una massa psicologica (v. Sartre, gruppo seriale e gruppo in fusione), diviene interessante citare il famoso paragone schopenaureiano dei porcospini che hanno freddo, nessuno tollera una vicinanza troppo intima dell’altro (v. pag. 97). In base alla testimonianza della psicoanalisi, quasi ogni stretto rapporto emotivo sufficientemente durevole tra due persone contiene un sedimento di sentimenti di rifiuto, ostili, sedimento che rimane impercettibile solo in virtù della rimozione (…) lo stesso accade allorchè gli uomini si riuniscono in unità più grandi (…) quando l’ostilità ha per oggetto le persone amate, la chiamiamo ambivalenza emotiva e ci spieghiamo tale caso, in termini troppo razionali, adducendo le molteplici occasioni di conflitto d’interesse che sorgono (…) nella palese avversione e ripugnanza provata per l’estraneo con cui siamo a contatto, è avvertibile l’espressione di un amore per noi medesimi, di un narcisismo che tende alla autoaffermazione (…) in tale comportamento umano si manifesta una aggressività la cui origine ci è sconosciuta e a cui potremmo attribuire un carattere elementare (la pulsione di morte esplicitato in Al di là del principio di piacere rifiutato poi da Reich) ma tutta questa intolleranza scompare, temporaneamente o durevolmente, tramite la formazione collettiva e nella massa (…) in base alle concezioni teoriche psicoanalitiche tale limitazione del narcisismo può essere solo il prodotto di un solo fattore, il legame libidico con altre persone (…) che non può essere esclusivamente di carattere utilitaristico poiché se così fosse in maniera esclusiva la tolleranza non dura più a lungo del vantaggio immediato che viene ricavato dalla collaborazione con l’altro (…) l’esperienza ha infatti dimostrato che nel caso della collaborazione si formano invariabilmente fra gli associati legami libidici che prolungano e fissano di la da ciò che è vantaggioso la relazione reciproca (…) se quindi nella massa compaiono limitazioni dell’egoismo narcisistico non operanti all’infuori di essa, ciò costituisce una prova persuasiva del fatto che l’essenza della formazione collettiva consta di legami libidici di tipo nuovo fra i membri della massa”.
Consideriamo quindi quali tipologie di legame libidico possono intervenire nella formazione collettiva.
“L’identificazione è per la psicoanalisi la prima manifestazione di un legame emotivo con un’altra persona. Svolge una sua funzione nella preistoria del complesso edipico. Il maschietto manifesta un interesse particolare per il proprio padre, vorrebbe divenire ed essere come lui, sostituirlo in tutto e per tutto (…) prende il padre come proprio ideale (…) Contemporaneamente il maschietto ha cominciato a sviluppare un vero e proprio investimento oggettuale della madre (…) egli manifesta allora due legami psicologicamente diversi, un investimento nettamente sessuale verso la madre, un’ identificazione con il padre inteso come modello. Questi due legami (…) finiscono per incontrarsi e da tale loro confluire scaturisce il normale complesso edipico.
Tale forma primigenia di relazione oggettuale, che può apparire anche in maniera regressiva quando diventa il sostituto di un legame oggettuale libidico e quindi acquista carattere parziale, come quando ad esempio una bambina esprime il desiderio di sostituirsi alla madre (desiderio rimosso e colpevolizzante) acquisendone il medesimo carattere sintomatico o come quando un adolescente assume atteggiamenti evidentemente simili ad un altro individuo amato.
“C’è un terzo caso, particolarmente frequente e importante, di formazione del sintomo, quello in cui l’identificazione prescinde interamente dal rapporto oggettuale con la persona copiata, nei confronti della quale non è presente un investimento libidico e può sorgere in rapporto a qualsiasi aspetto posseduto in comune. “Siamo già in grado di scorgere che il legame reciproco tra gli individui componenti la massa ha la natura di tale identificazione dovuta a un importante aspetto affettivo posseduto in comune, e possiamo supporre che questa cosa in comune sia il tipo di legame istituito col capo.
Dall’identificazione, passando per l’imitazione si giunge alla immedesimazione, ossia all’intendimento del meccanismo mediante il quale ci è possibile prendere posizione nei confronti di un’altra vita psichica.
Tali questioni pongono come naturale conseguenza l’esistenza di un Io diviso, all’interno del quale si sviluppi una istanza suscettibile di separarsi dal resto dell’Io e di entrare in conflitto. L’abbiamo chiama ta ideale dell’io e le abbiamo attribuito come funzioni l’auto-osservazione, la coscienza morale, la censura onirica e l’influsso determinante nella rimozione. Essa è l’erede del narcisismo originario (…) essa fa proprie, a poco a poco, dagli influssi dell’ambiente, le richieste che questo pone all’Io e cui l’Io non sempre si dimostra pari: di modo che, qualora non possa essere soddisfatto del proprio Io in quanto tale, l’uomo possa trovare la propria soddisfazione nell’Io ideale differenziatosi dall’Io.

A questo proposito diviene centrale la definizione psicoanalitica di innamoramento, con le sue dinamiche di relazione esclusivistiche grazie alle quali avviene una sopravvalutazione sessuale, per cui l’oggetto amato sfugge entro certi limiti alla critica e tutte le sue qualità vengono apprezzate in modo particolarmente netto. Lo sforzo che falsa il giudizio qui è quello dell’idealizzazione (…) l’oggetto viene trattato alla stregua del proprio Io (…) una quantità notevole di libido narcisistica straripa sull’oggetto. In alcuni casi si avverte addirittura la sostituzione del proprio non soddisfacente ideale dell’Io con l’oggetto amato.
Nella complessa definizione delle differenze esistenti tra identificazione ed innamoramento possiamo intravedere un’altra alternativa che contiene in se l’essenza di questo stato di cose, quella tra collocare l’oggetto al posto dell’Io oppure collocarlo al posto dell’ideale dell’Io. Nel primo caso potremmo riferirci all’identificazione, nel secondo all’innamoramento o all’ipnosi, definita da Freud come formazione collettiva a due: l’ipnosi si distingue dalla formazione collettiva per questa limitazione di numero, e insieme si distingue dall’innamoramento per l’assenza di pulsioni sessuali dirette. Tali modalità relazionali, dette anche impulsi sessuali inibiti alla meta si contraddistinguono per la loro durevolezza, legata alla impossibilità di soddisfacimento completo della carica libidica investita. Ne consegue che la definizione di massa subordinata ad un capo, secondo Freud è un insieme di individui che hanno assunto a loro ideale dell’Io lo stesso oggetto e che pertanto si sono identificati gli uni agli altri nel loro Io.

Il ragionamento successivo si dirige verso il concetto di pulsione gregaria, riprendendolo da Trotter W. (Instincts in the Herd in peace and war, 1916) che deduce i fenomeni psichici riscontrabili nella massa da un istinto gregario che risulta innato. Biologicamente, tale gregarietà è un analogia e al tempo stesso una continuazione della pluricellularità; nel senso della teoria della libido, è un’ulteriore espressione della tendenza, di origine libidica, di tutti gli esseri viventi della stessa specie a riunirsi in unità via via più ampie. Freud aggiunge a queste considerazioni quelle relative al bisogno di assoggettamento ad un capo tipico di molte specie animali e soprattutto dell’uomo che, piuttosto che un animale che vive in gregge è un animale che vive in orda, un essere singolo appartenente ad un ‘orda guidata da un capo supremo.
In questo senso Freud si riallaccia al suo importante scritto del 1912, Totem e tabù, nel quale si propone di proseguire sulla strada delle ipotesi darwiniane di composizione originaria della società umana, quella di un orda sottoposta al dominio di un maschio forte, il quale dominava l’orda animalesca proibendo la soddisfazione sessuale dei suoi membri e detenendone l’esclusività, Tale obbligo all’astinenza permise lo sviluppo di relazioni basate su impulsi inibiti alla meta che diedero vita alla prima forma di psicologia collettiva che culminò nell’uccisione del padre e con la creazione della divinità, del totemismo e quindi della primigenia religione e articolazione sociale basata su regole intersoggettive. Secondo Freud la massa intesa come la stiamo trattando finora ci appare come una reincarnazione dell’orda originaria poiché le descrizioni fin qui fatte presentano gli aspetti della scomparsa delle personalità dingola cosciente, il predominio dell’affettività e delle tendenze inconsce: il carattere perturbante, costrittivo, della formazione collettiva, il quale è manifesto nei fenomeni di suggestione che la contraddistinguono, può venir con ragione ricondotto all’origine di questa nell’orda primordiale. Il capo della massa è ancora sempre il temuto padre primigenio, la massa vuole sempre venir dominata (…) ha sete di sottomissione (…) il padre primigenio è l’ideale della massa che domina l’Io invece dell’ideale dell’Io. (vedi pp. 133-134) quindi affermiamo con Freud che tutti i legami su cui poggia la massa sono del tipo delle pulsioni inibite alla meta, in effetti le tendenze sessuali dirette sono sfavorevoli alla formazione collettiva,  a meno che non si considerino delle regressioni ad uno stadio primitivo delle relazioni sessuali, stadio nel quale l’innamoramento non svolgeva alcuna funzione e gli oggetti sessuali venivano considerati equivalenti come nel caso dell’orgia. Non a caso nelle grandi masse artificiali, chiesa ed esercito, non c’è posto per la donna in quanto oggetto sessuale, la relazione amorosa tra uomo e donna rimane estranea a tali organizzazioni. Le psiconevrosi entrano in relazione con tali suggestioni quando osserviamo il rapporto duplice che hanno le formazioni collettive, da un lato esse tendono alla disgregazione delle masse, in quanto tendono verso una generale asocialità e dall’altro possono scomparire temporaneamente quando l’individuo vive una esperienza gruppale emotivamente potente. La funzione terapeutica dell’esperienza di gruppo è prassi assodata in psicologia e nel senso comune e diviene particolarmente evidente, seppur si debba sospendere il giudizio sulla reale efficacia, nelle comunità a sfondo mistico (confronto con la visione reichiana del misticismo).

Il disagio della civiltà

“Il programma impostoci dal principio di piacere: diventar felici, non può essere adempiuto, ne attraverso la fede religiosa, la sublimazione intellettuale, la pratica del lavoro, il godimento estetico, l’eremitismo, l’utilizzo di sostanze inebrianti, l’amore sessuale sfrenato o monogamico. Se non in maniera puramente episodica.
La malattia psichica, la nevrosi, la psicosi divengono strumenti sostitutivi dolorosi ed inefficaci, la religione sminuisce il valore della vita presente per idealizzare quello della vita ultraterrena mediante la fissazione violenta a un infantilismo psichico e la partecipazione a un delirio collettivo.
Tre fonti da cui proviene la nostra sofferenza: la forza soverchiante della natura, la fragilità del nostro corpo e l’inadeguatezza delle istituzioni che regolano le reciproche relazioni degli uomini nella famiglia, nello Stato e nella società.
A ben vedere dobbiamo considerare il momento storico, immediatamente successivo al primo conflitto mondiale, caratterizzato dalla incapacità delle istituzioni nazionali ed internazionali di evitare una guerra sanguinosissima di cui l’Austria, patria di Freud, fu protagonista.
Sembrerebbe quindi che la civiltà stessa sia la fonte primaria della sofferenza umana e del mancato raggiungimento della felicità per l’essere umano, poiché tutto si svolge in essa, anche le risposte alle frustrazioni che da essa derivano sembrano, per l’uomo, proponibili e praticabili solo al suo interno.
Che cos’è la civiltà?  La civiltà (Kultur) designa la somma delle realizzazioni e degli ordinamenti che differenziano la nostra vita da quella dei nostri progenitori animali e che servono a due scopi: a proteggere l’umanità contro la natura e a regolare le relazioni degli uomini fra loro.
Nel primo caso le argomentazioni riguardano la capacità dell’essere umano di intervenire nei confronti della conoscenza, del controllo, nella previsione dei fenomeni naturali che, attraverso lo sviluppo della meccanica e della tecnologia, appaiono progressivamente più sottoposti al dominio umano.
Nel secondo caso ci si riferisce al percorso di autoregolamentazione delle società umane derivato, secondo Freud, dalle prime norme di “diritto” associativo scaturite dalla necessaria confluenza di interessi dei fratelli, componenti dell’orda primordiale, a seguito della eliminazione del padre tirannico e la conseguente nascita dei tabù, prime ingiunzioni restrittive necessarie a definire la regolamentazione della convivenza, che diede vita alle esperienze matriarcali poi degenerate nella re-instaurazione della logica autoritaria patriarcale. Quindi la vita in comune degli uomini ebbe un duplice fondamento: la coercizione al lavoro, creata dalla necessità (ananke) e la potenza dell’amore (eros), che nel maschio provocò il desiderio di non essere privato dell’oggetto sessuale, cioè della femmina, e nella femmina quello di non essere privata della parte da lei separatasi, cioè del figlio. Eros e Ananke sono divenuti del pari i progenitori della civiltà umana. La prima conseguenza fu che ora un numero anche abbastanza grande di uomini poté restare unito in comunità.
L’amore che fondò la famiglia continua ad operare nella civiltà nella sua forma originaria, nella quale non rinuncia al soddisfacimento sessuale diretto, e nella forma modificata, come tenerezza inibita alla meta. In ambedue le forme adempie alla sua funzione di legare l’uno all’altro un numero considerevole di persone, più intensamente di quel che può fare l’interesse del lavoro in comune.
Ma la correlazione tra amore e civiltà cessa, nel corso dell’evoluzione, di essere univoca. Da un lato, l’amore oppone agli interessi della civiltà, dall’altro, la civiltà minaccia l’amore con gravi restrizioni. Nel primo caso si manifesta come una opposizione tra la famiglia e la comunità più ampia a cui il singolo appartiene, nei confronti dei giovani che intendono allontanarsi dalle restrizioni familiari, e nei confronti delle donne che vedono la loro vita sessuale ristretta dalle esigenze di investimento oggettuale degli uomini nel campo  del lavoro e, nel secondo, dai meccanismi repressivi che nei confronti della urgenza delle pulsioni sessuali la civiltà impone ai bambini prima e agli adulti poi nell’obbligo morale ad una conduzione monogamica della vita sessuale, rivolta esclusivamente ad individui del sesso opposto, adducendo come perversioni i soddisfacimenti extragenitali. Ma la società incivilita si è vista costretta a passare sotto silenzio molte trasgressioni che secondo i suoi canoni avrebbe dovuto punire (…) la vita sessuale dell’uomo civile è in effetti seriamente danneggiata, nella vita dell’uomo civile contemporaneo non c’è più posto per l’amore semplice, naturale di due esseri umani poiché al di la del raggiungimento del naturale piacere sessuale che si contrae tra due persone la civiltà necessita di energia libidica necessaria alla costruzione di legami tra i membri della comunità, la cosiddetta inibizione alla meta, ed obbliga una restrizione della vita sessuale.
Tutto ciò parrebbe definire un contesto pulsionale nel quale l’elemento amoroso, di investimento libidico, mantiene una sua esclusività ma, in relazione alle questioni etiche della contrapposizione tra bene e male, nelle quali la civiltà ha un ruolo decisorio fondamentale, Freud afferma che l’uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d’amore, capace, al massimo, di difendersi se viene attaccata; ma che occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività. Ne segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale aiuto e oggetto sessuale, ma anche un invito a sfogare la propria aggressività, a sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, ad abusarne sessualmente senza il suo consenso, a sostituirsi a lui nel possesso dei beni, ad umiliarlo, a farlo soffrire, a torturarlo e a ucciderlo. Homo homini lupus. A questo punto Freud riconosce alla causa comunista della abolizione della proprietà privata, dell’abolizione della famiglia autoritaria, l’eventuale funzione di togliere armi al meccanismo aggressivo ma, ritenendo questo una pulsione primaria, ne evidenzia la futura inefficacia. Inoltre, accennando ai meccanismi gruppali di definizione di comunità distinte, sciorina una delle sue affermazioni di sapore sociologico più affascinanti: é sempre possibile riunire un numero anche rilevante di persone che si amino l’uno l’altro fin tanto che ne restino altri per le manifestazioni di aggressività. Vedremo poi come Reich contesterà fortemente, riformandole sostanzialmente, queste pessimistiche conclusioni. Ma la civiltà, con le sue regole e i suoi statuti e le sue costituzioni impone sacrifici tanto grandi non solo alla sessualità ma anche alla aggressività dell’uomo (…) di fatto l’uomo primordiale stava meglio, poiché ignorava qualsiasi restrizione pulsionale, in compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molto esigua. L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza. Egli giunge anche ad affermare che forse ci abitueremo anche all’idea che ci sono difficoltà inerenti alla essenza stessa della civiltà e che non cederanno di fronte ad alcun tentativo di riforma poiché ci sovrasta il pericolo d’una condizione che potremmo definire la miseria psicologica della massa, particolarmente presente laddove i legami tra gli uomini si basano su meccanismi identificativi sottomessi all’autorità di capi inadatti a tale ruolo. Si evincono numerosi spunti che verranno ripresi e traslati fortemente da Reich ma appare emergere una tendenza autoritario-conservatrice che fu poi rilevata da alcuni critici freudiani, soprattutto da sinistra.

Ora, data per Freud, l’indiscussa esistenza di una pulsione di morte, avente tendenza autodistruttiva, anch’essa caratterizzabile in senso narcisistico, va indagato attraverso quali mezzi usa la civiltà per frenare la spinta aggressiva che le si oppone, per renderla innocua, per abolirla? (…) L’aggressività viene introiettata, interiorizzata, propriamente viene rimandata la donde è venuta, ossia è volta contro il proprio io. Qui  viene assunta da una parte dell’Io, che si contrappone come Super-Io al rimanente, ed ora come coscienza è pronta a dimostrare contro l’Io la stessa inesorabile aggressività che l’Io avrebbe volentieri soddisfatto contro altri individui estranei. Chiamiamo senso di colpa la tensione tra il rigido Super-Io e l’Io ad esso soggetto; tale senso si manifesta come bisogno di punizione. La civiltà domina dunque io pericoloso desiderio di aggressione dell’individuo infiacchendolo, disarmandolo e facendolo sorvegliare da una istanza nel suo interno ma, in assenza della possibilità che la distinzione tra bene e male possa sussistere originariamente nella struttura umana, il male spesso non è quel che danneggia o mette in pericolo l’Io, anzi può essere anche qualcosa che l’Io desidera (…) qui agisce dunque un influsso estraneo, il quale decide cosa debba chiamarsi bene o male (…) è facile scoprirlo nella debolezza dell’uomo e nella sua dipendenza dagli altri; può essere indicato meglio come paura di perdere l’amore (…) pertanto il male è originariamente tutto ciò a causa di cui si è minacciati della perdita d’amore (…) perciò conta poco se si è già fatto il male  se soltanto si intenda farlo; in entrambi i casi il pericolo si presenta solo se l’autorità lo scopre (…) questo stato d’animo si chiama cattiva coscienza e a questo stadio il senso di colpa è chiaramente solo paura della perdita d’amore, angoscia sociale. Quando, in relazione al incivilimento, il Super-Io diviene istanza strutturata vengono anche a cessare sia la paura di venir scoperti, sia la differenza tra fare e volere il male, perchè niente può rimaner nascosto dinanzi al Super-Io, neppure i pensieri. Perciò, nel passaggio tra fanciullezza e adultità, quindi nella instaurazione della istanza super egoica, il sentimento di colpa può avere due origini: una dal timore che suscita l’autorità (genitoriale), e una successiva dal timore che suscita il Super-Io. La prima obbliga a rinunciare al soddisfacimento pulsionale, la seconda, oltre a ciò e poiché è impossibile nascondere al Super-Io che i desideri proibiti continuano, preme per la punizione.
A questo punto, non possiamo prescindere dall’ipotesi che il senso di colpa dell’umanità abbia origine dal complesso edipico e venisse acquisito con l’uccisione del padre da parte dei fratello alleati. In quell’occasione una aggressione non fu repressa ma effettuata, la medesima aggressione che, repressa nel bambino, è destinata ad essere la fonte del senso di colpa (…) ma se l’umano senso di colpa risale davvero all’uccisione del padre primordiale, esso fu un caso di rimorso (…) quel rimorso fu il risultato dell’ambivalenza emotiva primigenia verso il padre: i figli lo odiavano ma anche l’amavano; dopo che l’odio fu soddisfatto con l’aggressione, l’amore prevalse nel rimorso per l’atto, elevò il Super-Io mediante l’identificazione col padre, gli diede il potere paterno quasi a punire l’atto d’aggressione perpetrato contro lui, instaurò le restrizioni che dovevano prevenire il ripetersi del fatto.
A questo punto del ragionamento, afferma Freud, non è questione realmente decisiva se abbiamo ucciso il padre o se ci siamo astenuti dal farlo, in entrambi i casi dobbiamo sentirci colpevoli perchè il senso di colpa è l’espressione del conflitto ambivalente, dell’eterna lotta tra l’Eros e la pulsione distruttiva o di morte (…) finché l’unica forma di comunità è quella della famiglia, il conflitto si esprime per forza nel complesso edipico, insedia la coscienza e crea il primo senso di colpa. E qui si lega l’amara conclusione freudiana che sostiene che dato che la civiltà obbedisce a una spinta erotica interna che le ordina di unire gli uomini in una massa collegata intimamente, essa può raggiungere tale meta solo per la via di un sempre crescente rafforzamento del senso di colpa.
Tale meccanismo di costruzione del senso di colpa e del bisogno di punizione però non riguardano solo i casi coscienti di rimorso, bensì appaiono nettamente negli episodi nevrotici, dove i desideri aggressivi o inaccettabili vengono sottoposti a rimozione: se una tendenza pulsionale soggiace alla rimozione, le sue parti libidiche si trasformano in sintomi, le sue componenti aggressive in senso di colpa.
Questo percorso della psicologia individuale, così strettamente interconnesso con il processo d incivilimento prevede l’esistenza, in termini del tutto simili, di un Super-Io civile, derivato anch’esso dalla tensione tra le pulsioni vitali e quelle distruttive insite nella natura umana, che si tradurrebbe in forma di Etica civile dinamica, spesso contradditotria, come quella individuale come ad esempio alcuni precetti moralistici della religione cattolica quali “ama il prossimo tuo come te stesso”, pulsionalmente impercorribili
Ma l’elemento più stimolante, alla luce della psicologia sociale e istituzionale che si svilupperanno da tali notevoli intuizioni freudiane è contenuta nella parte finale del saggio quando Freud si chiede se l’evoluzione della civiltà è tanto simile a quella dell’individuo e se usa gli stessi mezzi, non saremmo giustificati nel fornire le diagnosi che alcune civiltà, o epoche civili, forse l’intero genere umano, sono divenuti “nevrotici” per effetto del loro sforzo di civiltà? (…) bisognerebbe andar molto cauti, non dimenticare che in fin dei conti si tratta solo di analogie, e che è pericoloso, non solo con gli uomini ma anche coi concetti, strapparli dalla sfera in cui sono sorti e si sono evoluti. La diagnosi di nevrosi collettive s’imbatte poi in una difficoltà particolare. Nella nevrosi individuale, il contrasto che il malato fa sullo sfondo del suo ambiente considerato come “normale” ci offe un immediato punto di riferimento. Un simile sfondo viene a mancare in una massa tutta egualmente ammalata e dovrebbe essere cercato altrove. Quanto poi all’applicazione terapeutica della comprensione raggiunta, a che cosa gioverebbe la più acuta analisi delle nevrosi sociali, visto che nessuno possiede l’autorità di imporre alla massa la terapia?
Wilhelm Reich intende proseguire, conflittualmente, esattamente accettando queste ultime sfide poste dal padre della psicoanalisi.

2. Osservazioni su “Psicologia di massa del fascismo” di W. Reich (1933) – terza edizione con  
prefazione di Reich del 1942

L’opera “Analisi del carattere” (1933), l’unica opera del ricercatore austriaco riconosciuta dalla psicoanalisi ortodossa (SPI) che lo espulse nel 1934, apre la prefazione all’edizione in questione dell’importante saggio reichiano con queste parole: Un vasto e coscienzioso lavoro terapeutico sul carattere umano mi ha dato la certezza che nel giudicare le reazioni umane ci troviamo di fronte a tre strati differenti della natura bio-psichica, Questi tre strati della struttura caratteriale sono sedimenti che funzionano in modo autonomo (…) nello strato superficiale del proprio essere l’uomo medio è moderato, cortese, caritatevole, conscio del proprio dovere, coscienzioso. Non esisterebbe una tragedia sociale dell’animale uomo se questo strato superficiale fosse direttamente collegato con il nucleo centrale. Purtroppo non è così: lo strato superficiale della cooperazione sociale non ha alcun contatto con il profondo nucleo biologico dell’uomo; esso viene sorretto da un secondo strato caratteriale intermedio, che si compone senza eccezioni di impulsi crudeli, sadici, sessualmente lascivi, rapaci ed invidiosi. Questo strato costituisce l’inconscio o il rimosso di Freud; in termini sessuo-economici, la somma di tutte le pulsioni secondarie. La bio-fisica orgonica riuscì a scoprire che l’inconscio di Freud, l’aspetto antisociale dell’uomo, non era altro che il risultato secondario della repressione di pulsioni biologiche primarie.
L’Orgonomia è la scienza che studia l’energia cosmica primordiale, pre-atomica, essa si differenzia da tutte le altre energie conosciute, che derivano dalla materia, elettrica, magnetica, nucleare. Queste deriverebbero dalla funzione dell’energia orgonica definita Superimposizione, unione di correnti energetiche da cui si genera la materia e quindi la vita. Una seconda funzione sarebbe quella della Pulsazione, immediatamente riscontrabile in numerosi organismi viventi, e la Convulsione Orgastica, grazie alla quale l’accumulo di energia in eccesso nell’organismo, ottenuta dalle funzioni vitali, concentrata nei genitali, ottiene funzione di scarica attraverso l’eccitazione sessuale soddisfatta nella raggiungimento dell’orgasmo, dando vita ad un naturale processo di riequilibrio psico-fisico-biologico.
Tale energia orgonica, secondo le ricerche effettuate da Reich e dai suoi collaboratori, tutti rigorosamente preparati sul piano tecnico-scientifico, sarebbe dimostrabile obiettivamente in vari modi, termicamente, elettroscopicamente, visivamente, con il contatore Geiger.Mueller.
Le branche principali della scienza orgonomica attraversano i settori della fisica, della biologia, della medicina e della sociologia.
Quest’ultimo campo di interesse è quello che caratterizza gli studi sulla psicologia di massa che tenteremo di affrontare.

“Se ci addentriamo oltre questo secondo strato di pervertimento fino al fondamento dell’animale uomo, scopriamo regolarmente il terzo strato (e più profondo) che chiamiamo nucleo biologico. In fondo, in questo nucleo, l’uomo è, in circostanze sociali favorevoli, un animale onesto, cooperativo,capace di amare o, se vi è motivo, di odiare razionalmente. In nessun caso è possibile penetrare la liberazione caratteriale dell’uomo attuale fino a questo profondissimo e tanto promettente strato senza aver prima eliminato la falsa educazione apparentemente sociale. Quando cade la maschera dell’educazione, non appare immediatamente la socialità naturale, ma soltanto lo strato caratteriale sadico-pervertito. Questa disgraziata strutturazione è responsabile del fatto che ogni impulso naturale, sociale o libidinoso, che esce dal nucleo biologico per tramutarsi in azione , debba passare attraverso lo strato delle pulsioni secondarie pervertite, subendo una deviazione in questa fase. Questa deviazione trasforma il carattere originariamente sociale degli impulsi naturali in pervertimento e costringe ad imporre un freno a qualsiasi autentica espressione vitale. Trasponiamo la nostra struttura umana nel campo sociale e politico. Non è difficile vedere che i diversi raggruppamenti politici ed ideologici della società umana corrispondono ai diversi strati della struttura caratteriale. Ovviamente non cadiamo nell’errore della filosofia idealistica secondo cui la struttura umana è sempre esistita sotto questa forma e continuerà ad essere invariabile per l’eternità. Dopo che circostanze e mutamenti sociali hanno trasformato le esigenze biologiche originarie dell’uomo in struttura caratteriale, la struttura caratteriale riproduce sotto forma di ideologie la struttura sociale della società.
Da quando la primitiva organizzazione democratico-lavorativa è definitivamente tramontata, il nucleo biologico non ha più trovato un’espressione sul piano sociale. Ciò che è naturale ed elevato nell’uomo, ciò che lo lega al suo cosmo, ha trovato soltanto nell’arte, soprattutto nella musica e nella pittura un’autentica espressione, ma è fruibile solo ad una comunità ristretta, non può modificare la comunità di tutti gli uomini.
Negli ideali etici del liberalismo si possono riconoscere i tratti dello strato caratteriale superficiale, caratterizzato dall’autocontrollo e dalla tolleranza, in quanto egli deplora il pervertimento caratteriale umano con norme etiche, ma non ha nulla a che fare con la naturale socialità, come le catastrofi del XX secolo ci insegnano, in quanto non ha impedito l’emergere delle più bieche espressioni del pervertimento umano.
Tutto ciò che è veramente rivoluzionario, arte e scienza, nasce dal nucleo biologico, ma anche questa potenzialità è stata evidentemente finora incapace di attuarsi nelle masse umane.
Le cose stanno diversamente per quanto riguarda il fascismo. Sostanzialmente il fascismo non rappresenta né lo strato superficiale né quello più profondo, ma il secondo strato caratteriale intermedio delle pulsioni secondarie (…) le mie esperienze mediche fatte con molte persone appartenenti ai più disparati strati sociali , razze, nazioni, religioni, mi avevano insegnato che il fascismo non è altro che l’espressione politicamente organizzata della struttura caratteriale umana media, di una struttura che non è vincolata ne a determinate razze o nazioni ne a determinati partiri, ma che è generale e internazionale. Secondo il significato caratteriale il fascismo è l’atteggiamento emotivo fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine e dalla sua concezione meccanicistico-mistica della vita. Il carattere meccanicistico-mistico degli uomini del nostro tempo crea il fascismo e non viceversa. Non si tratta della dittatura di una piccola cricca reazionaria, come spessissimo si è valutato e si valuta tutt’oggi. Il fascismo come movimento politico si differenzia da altri partiti reazionari per il fatto che viene sostenuto e diffuso dalle masse umane (…) non è,come si crede generalmente, un movimento puramente reazionario, ma costituisce un amalgama tra emozioni ribelli e idee sociali reazionarie (…) non vi è dubbio che esso può fare la sua comparsa ammantato di sentimenti rivoluzionari, ma non si chiamerà rivoluzionario quel medico che combatte con sfrenate imprecazioni una malattia, ma al contrario quello che con calma, coraggiosamente e coscienziosamente, cerca e combatte la causa della malattia. La ribellione fascista nasce sempre laddove una emozione rivoluzionaria viene trasformata in illusione per paura della verità. Il fascismo, nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio. Il sociologo ottuso (…) considera la teoria fascista della razza soltanto un interesse imperialistico (…) un pregiudizio (…) l’intensità e la vasta diffusione di questi pregiudizi razziali sono la prova che essi affondano le radici nella parte irrazionale del carattere umano. La teoria della razza non è una creazione del fascismo. Al contrario: il fascismo è una creazione dell’odio razziale e la sua espressione politicamente organizzata. Di conseguenza esiste un fascismo tedesco, italiano, spagnolo, anglosassone, ebreo ed arabo. L’ideologia razziale è una tipica espressione caratteriale biopatica dell’uomo orgasticamente impotente.
Si definisce biopatia ogni processo patologico derivante da un disturbo della naturale pulsazione biologica e che, invariabilmente, porta alla stasi energetica. Avremo biopatie psichiche, nevrosi e psicosi, e somatiche, ansia, ipertensione, allergie, malattie degenerative, diabete, malattie endocrine, cancro, ecc.
Il carattere sadico-pervertito dell’ideologia razziale tradisce la sua natura anche nel suo atteggiamento di fronte alla religione. Si dice che il fascismo sarebbe un ritorno al paganesimo e il nemico mortale della religione. Ben lungi da ciò, il fascismo appoggia quella religiosità che nasce dal pervertimento sessuale, e trasforma il carattere masochista della religione della sofferenza dell’antico patriarcato in una religione sadica. Di conseguenza traspone la religione dall’aldilà della filosofia della sofferenza nell’aldiquà dell’omicidio sadico. La mentalità fascista è la mentalità dell’uomo della strada mediocre soggiogato, smanio di sottomettersi ad un’autorità e allo stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario (quando non sono generali dell’esercito assurti al potere per mezzo di colpi di stato ndr). Il grande industriale e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i propri scopi (…) la civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto forma di fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato, come mistica mentalità del caporale di giornata e  come automatismo fra le masse degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e ingigantito. Il fascista è il sergente del gigantesco esercito della nostra civiltà profondamente malata e altamente industrializzata.
Nella sua feroce critica al liberalismo, principio politico reggente le nazioni divenute culle del fascismo organizzato  aggiunge:  Nella ribellione delle masse di animali umani maltrattati contro le insignificanti cortesie del falso liberalismo apparve lo strato caratteriale  delle pulsioni secondarie. Non è possibile rendere inoffensivo l’energumeno fascista (…) se non lo si rintraccia nel proprio essere; se non si combattono le istituzioni sociali che lo covano ogni giorno. Si può battere il fascismo solo se lo si affronta obbiettivamente e praticamente, con una approfondita conoscenza dei processi vitali. Nessuno è capace di imitarlo in fatto di manovre politiche, abilità nel destreggiarsi nei rapporti diplomatici, e organizzazione delle parate. Ma non sa rispondere a questioni vitali pratiche(…) quando un carattere fascista di qualsiasi colorazione si mette a predicare l’onore della nazione (anziché l’onore dell’umanità) o la salvezza della sacra famiglia e della razza (anziché la comunità dell’umanità che lavora); quando monta la superbia e quando dalla sua bocca escono slogans, allora gli si chieda pubblicamente, e con la massima calma e semplicità: che cosa fai per dar da mangiare alla nazione senza assassinare altre nazioni? Che cosa fai come medico contro le malattie croniche, che cosa fai come educatore per favorire la gioia di vivere dei bambini, che cosa fai come economista contro la miseria, che cosa fai come assistente sociale contro il logoramento delle madri con tanti figli, che cosa fai come costruttore per sviluppare l’igiene delle abitazioni? Ora, cerca di non parlare a vanvera e cerca di dare una risposta concreta e pratica, altrimenti tieni il becco chiuso!
Da ciò consegue che il fascismo internazionale non potrà mai essere battuto con manovre politiche. Soccomberà alla naturale organizzazione del lavoro, dell’amore e del sapere su scala internazionale.

Il percorso di Reich, nella divulgazione delle sue idee e ricerche fu ostacolato da molti lati, dalla maggioranza degli psicoanalisti, dal partito comunista tedesco, al quale aderì e partecipò con grande entusiasmo attivando numerose campagne di informazione e prevenzione, come la Lega nazionale per la politica sessuale proletaria (SexPol), dagli apparati burocratico-scientifici dell’Urss, naturalmente dalla Germania nazista, dai governi danesi e svedesi e, infine, dalla Food and Drug administration e dalla FBI americane, fino alla sua morte avvenuta in carcere dopo che molti dei suoi macchinari di ricerca e dei suoi scritti furono sequestrati.
Il suo impegno nel campo assolutamente minoritario della sessuologia scientifica si connesse spontaneamente con il pensiero freudiano e l’atmosfera rivoluzionaria degli anni 20 in Austria e Germania lo avvicinò alle formazioni politiche della sinistra socialista e comunista. Ma l’autonomia di pensiero e una forte idiosincrasia per il compromesso caratterizzarono la sua personalità fino alla fine, ad un costo considerevole.
Scrive ancora Reich: intorno al 1930 non avevo alcuna idea dei rapporti naturali democratico-lavorativi (…) a quell’epoca lavoravo in organizzazioni culturali liberali, socialiste e comuniste ed ero costretto, normalmente, ad impiegare i concetti marxisti-sociologici durante le mie spiegazioni sessuo-economiche (…) e non riuscivo a capire per quale motivo i membri del partito combattessero con estrema violenza gli effetti sociali del mio lavoro medico proprio quando masse di impiegati, operai dell’industria, piccoli commercianti, studenti, affollavano le organizzazioni orientate sessuo-economicamente, ansiose di conoscere il funzionamento dei processi vitali.
Il termine sessuo-economia si riferisce al criterio di regolazione dell’energia biologica, o , ciò che è lo stesso, dell’economia delle energie sessuali dell’individuo. Sessuo-economia significa in modo in cui un individuo impiega la propria energia biologica; quanta se ne ingorga e quanta ne scarica orgasticamente. I fattori che influenzano questo tipo di reolazione sono di carattere sociologico, psicologico e biologico. La scienza della sessuo-economia consiste in quell’insieme di cognizioni che furono dedotte dallo studio di questi fattori. Questo termine fu applicabile all’opera di Reich a partire dal momento in cui rifiutò la filosofia culturale di Freud, rifiutando l’originarietà della pulsione di morte e la centralità conservatoristica del principio di realtà, fino alla scoperta dell’orgone, quando fu sostituita dall’orgonomia, la scienza della energia vitale.

La sociologia sessuo-economica nacque dallo sforzo di conciliare la psicologia del profondo di Freud con la teoria economica di Marx (…) e risolve la contraddizione che fece dimenticare alla psicoanalisi il fattore sociale e al marxismo l’origine animalesca dell’uomo (…) oggi non sono più i partiti comunisti o socialisti, ma in contrasto con essi, molti gruppi apolitici e strati sociali di ogni sfumatura politica che sono sempre più orientati (…) verso un ordinamento sociale sostanzialmente nuovo (devo ammettere di non sapere a quali movimenti alluda Reich ma la somiglianza con il presente è spiccata, soprattutto se pensiamo che l’analisi reichiana della emersione del fascismo europeo parte dalle conseguenze della grande depressione economica del 1929-1933) e i bisnipoti dei proletari del XIX secolo sono diventati lavoratori dell’industria, specializzati, altamente qualificati sul piano tecnico, indispensabili, responsabili e professionalmente consapevoli. La parola coscienza di classe viene sostituita con la parola coscienza professionale o responsabilità sociale. Nel marxismo del XIX secolo la coscienza di classe era limitata ai lavoratori manuali. Ma gli altri lavoratori che svolgono un’attività vitale indispensabile senza la quale la società non potrebbe funzionare venivano contrapposti come intellettuali e piccoli borghesi al proletariato dei lavoratori manuali. Questa contrapposizione schematica e oggi inesatta ha contribuito alla vittoria del fascismo in Germania (…) il lavoro vitalmente necessario, il lavoratore, sono concetti che comprendono tutti i lavoratori che svolgono un lavoro socialmente necessario alla vita. Quindi non solo i lavoratori dell’industria, ma anche i medici, gli educatori, i tecnici, i ricercatori di laboratorio, gli scrittori, gli amministratori delle società, gli agricoltori, gli scienziati. Da qui nasce un abisso che ha contribuito non poco alla frantumazione della società umana lavoratrice e quindi alla vittoria del fascismo, sia nero che rosso.
La sociologia marxista contrapponeva per ignoranza della psicologia di massa il borghese al proletario (…) la struttura caratteriale non si limita al capitalista, ma impregna i lavoratori di tutte le professioni. Vi sono capitalisti liberali e lavoratori reazionari. Non esistono confini caratteriali di classe.
Da queste affermazioni, biologicamente fondate sulla teoria orgonica e sulle sue numerose applicazioni e ricerche scientifiche, prosegue il discorso reichiano che affronta analiticamente le questioni inerenti le cause della diffusione di NEVROSI DI MASSA o PESTE PSICHICA:
1. L’ideologia come forza materiale: perchè i diseredati agiscono contro se stessi?;
2. L’autoritarismo come modello familiare preparatorio all’assoggettamento ad un capo;
3. la funzione della teoria della superiorità razziale in ottica misticheggiante di rifiuto della sessualità naturale;
4. la spinta reazionaria e antisessuale della influenza della chiesa, la sua ambiguità anticapitalistica e la sua natura irrazionale dogmatica dove l’estasi spirituale soddisfa parzialmente la spinta sessuale;
5. l’autogoverno e l’estinzione dello stato,il superamento della illibertà della massa che necessita sempre di assoggettarsi ad un capo;
6. democrazia del lavoro vitalmente necessario, legato al piacere, alla responsabilità, alla interdipendenza tra i lavoratori, stimolo delle funzioni razionali dell’esistenza, già presenti nella natura umana;
7. restituzione del significato autentico della parola libertà, intesa come liberazione di ciò che è vivo, contro il meccanicismo coercitivo che ci allontana dalla natura, attraverso il pensiero funzionale, che prevede che la conoscenza passi attraverso una costante analisi critica, volta alla riformulazione continua delle informazioni raccolte e dei concetti sviluppati, in costante rapporto dialettico con l’esperienza;
8. il rapporto tra lavoro e politica, l’inconciliabilità tra questi due elementi;

Opere
In Italiano:
Passioni di gioventù: un’autobiografia 1897-1922 (1919-1925) (tr. Barbara Bergonzi, SugarCo, Milano 1990)
Conflitti libidici e fantasie deliranti: il «Peer Gynt» di Ibsen (1920) (tr. Ettore Zelioli, SugarCo, Milano 1975 ISBN 88-7198-299-1)
Il coito e i sessi (1922) (tr. Ettore Zelioli, SugarCo, Milano 1981 ISBN 88-7198-300-9)
Scritti giovanili volume I (1920-1925) (tr. Ettore Zelioli, SugarCo, Milano 1977 ISBN 88-7198-296-7)
Scritti giovanili volume II (1920-1925) (tr. Ettore Zelioli, SugarCo, Milano 1977 ISBN 88-7198-297-5)
Il carattere pulsionale (1925) (tr. Ettore Zelioli, SugarCo, Milano 1982 ISBN 88-7198-302-5)
Il tic come equivalente della masturbazione (1925) (tr. SugarCo, Milano 1981 ISBN 88-7198-301-7)
Genitalità (o scritti giovanili vol. n. III) (tr. Giovanna Agabio, SugarCo, Milano 1980 ISBN 88-7198-167-7)
Analisi del carattere (1933) (tr. Furio Belfiore e Anneliese Wolf, SugarCo, Milano 1973 ISBN 88-7198-209-6)
Psicologia di massa del fascismo (1933) (tr. Furio Belfiore e Anneliese Wolf, SugarCo, Milano 1971; Mondadori, Milano 1974 ISBN 88-06-16376-0 ISBN 88-7198-148-0)
La rivoluzione sessuale (1930-1934) (tr. Vittorio Di Giuro, Feltrinelli, Milano 1963; tr. Enrica Albites-Coen e Roberto Massari, Emme emme, Roma 1992 ISBN 88-07-80440-9 ISBN 888537835)
L’irruzione della morale sessuale coercitiva (1934-1935) (tr. Maria Luraschi, SugarCo, Milano 1972 ISBN 88-7198-228-2)
Sessualità e angoscia: un’indagine bioelettrica (1935-1936) (tr. SugarCo, Milano 1983 ISBN 88-7198-213-4)
Esperimenti bionici sull’origine della vita (1936) (tr. Giovanna Agabio, SugarCo, Milano 1981 ISBN 88-7198-176-6)
La scoperta dell’orgone, volume n. I – La funzione dell’orgasmo (1942) (tr. Furio Belfiore, SugarCo, Milano 1975 ISBN 88-515-2222-7)
La scoperta dell’orgone, volume n. II – La biopatia del cancro (1948) (tr. Adriano Caiani, SugarCo, Milano 1976 ISBN 88-7198-317-3)
Ascolta, piccolo uomo (1948) (tr. Maria Luraschi, SugarCo, Milano 1973 ISBN 88-7198-298-3)
Etere, Dio e diavolo (1949) (tr. Maria Luraschi e Maria Agrati, SugarCo, Milano 1974 ISBN 88-7198-287-8)
Bambini del futuro: sulla prevenzione delle patologie sessuali (1950) (tr. Annelise Wolf e Sibilla Belfiore, SugarCo, Milano 1987 ISBN 88-7198-286-X)
L’assassinio di Cristo: la peste emozionale dell’umanità (1951) (tr. Marco Amante, SugarCo, Milano 1972 ISBN 88-7198-107-3)
Superimposizione cosmica (1951) (tr. Maria Gallone e Maria Luraschi, SugarCo, Milano 1975 ISBN 88-7198-219-3)
Reich parla di Freud (1952) (a cura di Mary Higgins e Chester M. Raphael, tr. Furio Belfiore e Anneliese Wolf, SugarCo, Milano 1970 ISBN 88-7198-194-4)
Individuo e Stato (1953) (tr. Alberto Tessore e Silvana Ziviani, SugarCo, Milano 1978 ISBN 88-7198-232-0)
La teoria dell’orgasmo e altri scritti (tr. Luigi De Marchi e Mary Boyd Higgins, Lerici, Milano 1961; tr. Furio Belfiore, SugarCo, Milano 1969)
La lotta sessuale dei giovani (tr. Nicola Paoli, Samonà e Savelli, Roma 1972)
In tedesco:
Der triebhafte Charakter : eine psychoanalytische Studie zur Pathologie des Ich, 1925
Die Funktion des Orgasmus : zur Psychopathologie und zur Soziologie des Geschlechtslebens, 1927
Ueber den Oedipuskomplex : drei psychoanalytische Studien with Felix Boehm and Otto Fenichel, 1931
Character analysis or in the original: Charakteranalyse : Technik und Grundlagen für studierende und praktizierende Analytiker, 1933
Massenpsychologie des Faschismus, 1933, original German edition, banned by the Nazis and the Communists.
The Mass Psychology of Fascism, 1946 revised and enlarged U.S. edition
Die Sexualitaet im Kulturkampf, 1936 U.S. edition 1945 The Sexual Revolution
Dialektischer Materialismus und Psychoanalyse, 1929
Der Einbruch der Sexualmoral, 1932
Die Sexualitaet im Kulturkampf, 1936
Die Bione, 1938
In inglese
American Odyssey: Letters and Journals 1940-1947
Beyond Psychology: Letters and Journals 1934-1939
The Bioelectrical Investigation of Sexuality and Anxiety
The Bion Experiments: On the Origins of Life
Function of the Orgasm (Discovery of the Orgone, Vol.1)
The Cancer Biopathy (Discovery of the Orgone, Vol.2)
Character Analysis – Analisi del carattere (1933)
Children of the Future: On the Prevention of Sexual Pathology
The Oranur Experiment, First Report (1947-1951)
Contact With Space: Oranur Second Report, 1951-56, Core Pilot Press, 1957
Cosmic Superimposition: Man’s Orgonotic Roots in Nature
Early Writings
Ether, God and Devil (1951)
Genitality in the Theory and Therapy of Neuroses
The Invasion of Compulsory Sex-Morality – ‘L’irruzione della morale sessuale coercitiva (1932)
Listen, Little Man! – La lotta sessuale dei giovani (1932)
Mass Psychology of Fascism – La psicologia di massa del fascismo (1933)
The Murder of Christ (Emotional Plague of Mankind, Vol.2)
The Oranur Experiment
The Orgone Energy Accumulator, Its Scientific and Medical Use
Passion of Youth: An Autobiography, 1897-1922
People in Trouble: Emotional Plague of Mankind, Vol.1)
Record of a Friendship: The Correspondence of Wilhelm Reich and A.S. Neill (1936-1957)
Reich Speaks of Freud
Selected Writings: An Introduction to Orgonomy
The Sexual Revolution – La rivoluzione sessuale (1936)
Bibliografia
Albini, C. (1997) Creazione e castigo. La grande congiura contro W. Reich, Tre Editori, ISBN 978-88-86755-09-2
Dadoun, R. (2007) Cento fiori per Wilhelm Reich, Spirali, ISBN 978-88-7770-771-0
De Marchi, L.; Valenzi, V. (2007) Wilhelm Reich. Una fornidabile avventura scientifica ed umana, Macro Edizioni, ISBN 978-88-7507-859-1
Totton, N.; Edmondson, E. (2007) Nuovi sviluppi della terapia di Wilhelm Reich, Red, ISBN 978-88-7447-534-6
Zabini, A. (1996) W. Reich e il segreto dei dischi volanti, Tre Editori, ISBN 978-88-86755-02-3

 

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