Studio sui processi di migrazione, interazione ed integrazione degli albanesi: progetto di ricerca nel campo della prevenzione in salute mentale nel Mugello

Articolo di Maria Santoni, Cecilia Monge, Maria Grazia Sabatini e Donella Marroncini

Questo studio nasce all’interno del progetto sperimentale “Lavorare per prevenire”; un progetto, organizzato dall’Azienda Sanitaria di Firenze e co-finanziato dalla Regione Toscana, articolato in tre fasi:

– prima fase: corso di formazione sulla prevenzione in salute mentale;

– seconda fase: progettazione e sviluppo di ricerche riguardanti la prevenzione in salute mentale nella Zona Mugello;

– terza fase: messa in atto d’interventi di prevenzione in salute mentale nella Zona Mugello.

Problema

L’entrata in contatto di culture diverse, nello specifico quella mugellana e quelle albanesi, comporta l’attivazione di un processo d’interazione reciproca. Nella complessità di tale processo possono verificarsi problematiche suscettibili a dar luogo a disagi psichici.

Per quanto riguarda la comunità mugellana si potrebbe ipotizzare che il contatto con la nuova realtà possa aver comportato un’occasione per la ridefinizione sia della propria identità che della propria predisposizione all’incontro col diverso. Ci interessa indagare quale sia stato il segno della reazione cioè, se questa ha assunto tendenzialmente atteggiamenti di tipo difensivo o maturativi e di crescita.

Per quanto concerne la comunità albanese si potrebbe ipotizzare che il contatto col diverso possa aver attivato un processo similare. D’altra parte presupponiamo che, in seguito alla migrazione, possano essersi verificati cambiamenti anche all’interno dello schema e della dinamica familiare (vicinanza della famiglia allargata, ruoli genitoriali, ruolo maschile, femminile, etc.); ci interroghiamo se queste trasformazioni, ammesso che ci siano, possono essere individuate come fattori predisponesti per la comparsa di eventuali forme di disagio psichico.

Obiettivo

– indagare sulla dinamica d’interazione culturale nel processo di migrazione degli albanesi nel territorio del Mugello.

– Indagare sui possibili cambiamenti che possano essersi verificati all’interno delle strutture e delle dinamiche familiari degli albanesi cercando d’individuare se questo può aver comportato disagio psichico.

Metodologia

1) Rilevazione di dati anagrafici tramite richiesta specifica agli uffici comunali.

2) Interviste aperte rivolte ad operatori di diversi ambiti sensibilizzati sull’argomento. Per esempio insegnanti del corso di alfabetizzazione, ostetriche del presidio ospedaliero e territoriale, allenatori di associazioni calcistiche, sacerdoti, operatori di associazioni di volontariato etc. queste interviste sono mirate a ricostruire aspetti relativi alla dinamica d’interazione sviluppatasi tra gli immigrati albanesi ed i mugellani.

3) Interviste rivolte a famiglie albanesi che siano inserite nel Mugello. Queste interviste sono orientate ad indagare aspetti relativi all’esperienza di integrazione nel nuovo contesto e, più specificatamente, le trasformazioni che possono essersi verificate all’interno dello schema e della dinamica familiare.

Il ricorso all’intervista aperta risponde al fatto che presupponiamo che ciascuno degli intervistati potrà riferire aspetti molto particolari della propria esperienza difficilmente generalizzabili attraverso un questionario. D’altra parte la delicatezza dell’argomento ci porta a pensare che sia opportuno consentire la “costruzione” del racconto sulla base di domande molto generali legate agli interrogativi che ci siamo posti negli obiettivi.

Diario incontro di gruppo

28 gennaio 2002 – Ci siamo riunite per stabilire un ipotesi di progetto di ricerca sulla situazione degli immigrati nel Mugello e verificare, all’ufficio anagrafe, la nazionalità estera immigrata più rappresentativa come entità numerica, escluso gli argentini, in quanto Cecilia, componente del gruppo di lavoro, essendo di nazionalità argentina, non si sente di svolgere interviste a questo gruppo di persone perché troppo coinvolta.

08 ottobre 2002 – Ci riuniamo per scambiarci notizie avute dall’ufficio anagrafe di Borgo S. Lorenzo, tramite il quale siamo venute a conoscenza che il maggior numero di immigrati è di nazionalità albanese. Abbiamo deciso modi e tempi per incontrare alcune persone. Riteniamo utili in questa sede individuare domande standard.

dal 28 ottobre al 02 novembre 2002 – Dopo avere constatato la difficoltà oggettiva nel superare la diffidenza da parte di alcuni albanesi abbiamo ritenuto doveroso non usare per le nostre interviste famiglie conosciute tramite Maria e Maria Grazia, che ambedue lavorano l’una come insegnante e l’altra come logopedista, infatti ciò poteva essere recepito dagli intervistati come un voler indagare e controllare a livello istituzionale, mentre c’è da parte del gruppo l’interesse di conoscere i loro usi, costumi, il cambiamento generato dalla loro emigrazione, i bisogni, le necessità, le speranze.

A tal fine abbiamo ritenuto opportuno contattare il presidente della Casa di Accoglienza, il quale ci ha fornito il nominativo di una signora albanese disponibile ad un’intervista. Ci siamo telefonate per prendere accordi per recarsi dalla suddetta signora che sarebbe stata disponibile a metterci in Contatto con ulteriori famiglie albanesi.

05 novembre 2002 – Incontro ristretto Maria Grazia Sabatini e Maria Santoni per trascrivere le notizie ricevute e individuare il periodo per ricercare notizie riguardanti la frequenza degli alunni albanesi reperibili presso il distretto scolastico numero 18.

27 novembre 2002 – Riunite per definire e organizzare l’intervista ad un’insegnante di scuola materna ed al presidente della Casa di Accoglienza di Scarperia e sentire una collega di corso che si era resa disponibile a darci il nominativo di una persona albanese da lei conosciuta.

21 gennaio 2003 – (Santoni, Sabatini, Monge) incontro per discutere e decidere come e quando incontrare i rappresentati del Progetto di alfabetizzazione. Relazione dell’intervista svolta il 7 dicembre all’insegnante di scuola materna.

08 febbraio 2003 – (Santoni, Marroncini, Monge) incontri per condividere i dati raccolti e individuare nei parroci, ostetriche e associazioni sportive (Fortis), nuove fonti di informazioni.

Suddivisione nel lavoro in due sottogruppi: Santoni – Sabatini e Monge – Marroncini.

12 marzo 2003 – (Santoni e Sabatini) incontro per calendarizzare in modo sistematico per una futura impaginazione i vari incontri collettivi.

08 aprile 2003 – (Santoni, Sabatini e Marroncini) incontro per rimettere insieme il materiale disponibile e iniziare a riportarlo sul computer. Nell’attesa del prossimo incontro Donella continua il lavoro di trascrizione di alcune interviste.

15 aprile 2003 – (Santoni, Sabatini, Marroncini e Monge) incontro per proseguire il lavoro di ricostruzione e riordino del materiale e trascrizione. Cecilia prende il dischetto per poter riportare le interviste che ha già fatto, più quelle che intende fare al consultorio, ad una famiglia albanese contattabile tramite una partecipante al corso ed i dati sulla presenza degli albanesi negli altri comuni del territorio mugellano che avrà contattando i singoli uffici anagrafici di ogni comune.

14 giugno 2003 – alle ore 9,00 il gruppo al completo si è riunito prima della lezione del corso per verificare il lavoro svolto da Cecilia che doveva consistere nella rielaborazione scritta delle interviste svolte a due famiglie albanesi, tale nominativi erano stati richiesti da Cecilia alla Casa di Accoglienza la quale si è preoccupata di fare da tramite. In quella occasione è stata riferita l’intervista fatta da Cecilia e Maria ad una famiglia albanese residente a Borgo S. Lorenzo. L’altra famiglia resasi disponibile con Cecilia per un’intervista da tenersi domenica 8 giugno, non è stata da lei contattata. Al gruppo è stato riferito da Cecilia di avere intervistato una signora albanese che lavora in un’agenzia di assicurazioni, la quale ha dato il nominativo del cognato, anche lui albanese, per un’altra intervista che ha svolto sabato 7 giugno.

16 giugno 2003 – (Santoni, Sabatini e Marroncini) alle ore 17 incontro per elaborare il materiale che Cecilia doveva inviare via posta elettronica e che avremmo dovuto inserire nel dischetto da consegnare al dottor Montecchi, che come da precedenti accordi avrebbe avuto cura di divulgarlo via internet, per avere eventuali interlocutori. Il materiale eventualmente ricevuto sarebbe stato oggetto di discussione nel prossimo incontro di settembre.

17 giugno 2003 – (Santoni e Sabatini) Incontro per mettere a punto i risultati della fase intermedia.

21 giugno 2003 – alle ore 10 (Santoni, Sabatini e Marroncini) incontro per trascrivere i risultati della fase intermedia, per revisionare quanto trascritto e togliere, dalla relazione, i nomi degli intervistati, nel rispetto della privaci. Inizio trascrizione dell’intervista fatta da Marroncini e Monge al presidente della Casa di Accoglienza.

25 giugno 2003 – Donella continua la trascrizione dell’intervista al presidente della Casa di Accoglienza e inserisce il progetto già presentato al dott. Montecchi nella relazione.

Incontri del corso

19 gennaio 2002, 02 febbraio 2002, 16 febbraio 2002, 02 marzo 2002, 06 aprile 2002, 20 aprile 2002, 18 maggio 2002, 01 giugno 2002, 08 giugno 2002, 21 settembre 2002, 16 novembre 2002, 18 gennaio 2003, 08 marzo 2003, 10 maggio 2003, 14 giugno 2003, 27 settembre 2003 (riprenderà il corso).

Domande standard da utilizzare nelle interviste alle persone albanesi

Si ritiene necessario in qualsiasi intervista presentarci con nome cognome e spiegare la motivazione della nostra ricerca illustrando il progetto promosso dalla ASL, al quale abbiamo aderito, indipendentemente dal nostro lavoro, motivate dal desiderio di conoscenza e/o approfondimento del reale vissuto e delle esigenze delle famiglie immigrate.

– Presentazione

– Provenienza

– Se è arrivato da solo

– Quali sono state le motivazioni che l’hanno spinto a venire in Italia

– Chi ha lasciato in Albania

– Perché

– Composizione attuale del proprio nucleo familiare in Italia

– Nell’eventualità che l’intervistato sia solo chiedere se c’è la volontà di ricongiungersi alla propria famiglia per rimanere in Italia in maniera permanente

– Se ha la volontà di rientrare in Albania

– Perché

– Se è disposto a raccontarci la quotidianità che vive sul nostro territorio

Uffici ed enti pubblici, associazioni da utilizzare come risorse per la rilevazione di dati

MUNICIPI uffici anagrafe

PRESIDIO OSPEDALIERO di B. S. L. reparto ostetricia

CONSULTORIO OSTRETICO di Borgo S. Lorenzo

MEDICO DI BASE

DISTRETTO SCOLASTICO N.18

SCUOLA MEDIA di BORGO SAN LORENZO progetto di alfabetizzazione

INSEGNANTE DI SCUOLA MATERNA di Borgo S. Lorenzo

PARROCCHIA di Vicchio

CASA DI ACCOGLIENZA di Scarperia:

ASSOCIAZIONE SPORTIVA FORTIS JUVENTUS

Interviste

15 ottobre 2002 intervista a ragazza albanese conosciuta dalla corsista Marroncini

Donella ha chiesto ad una sua collega albanese un’intervista dopo averle spiegato che stavamo frequentando un corso organizzato dalla ASL “lavorare per prevenire” e illustrato le finalità del nostro progetto di ricerca.

La ragazza ha dato la sua disponibilità, ha chiesto però prima che tipo di domande le sarebbero state rivolte, a quale scopo, dove l’intervista si sarebbe svolta e se l’intervista sarebbe stata resa pubblica.

Chiedendole di intervistare, insieme a lei, anche la sua famiglia, risponde che saremmo dovuti andare in Albania in quanto la sua famiglia di origine si trova là e qui è presente solo il marito. Venendo a conoscenza che l’intervista si sarebbe svolta a casa sua ha dimostrato perplessità e esitazione, e pur mantenendo una certa disponibilità si riserva di consultare il marito.

Il giorno successivo la collega di Donella riferisce che il marito non era disponibile ad essere intervistato, dicendo che non gli andava di spiegare i motivi della sua scelta.

Pur dispiaciuta la ragazza afferma che neppure lei si sarebbe resa disponibile a rispondere a nessuna domanda non essendo d’accordo il marito.

2 novembre 2002 intervista svolta da Maria e Donella alla signora albanese contattata tramite il presidente dell’associazione Progetto Accoglienza.

L’incontro è avvenuto a Luco di Mugello presso l’abitazione della signora stessa. La casa fa parte di un complesso antico di appartamenti già essenzialmente ristrutturati, rimangono attualmente da restaurare alcuni affreschi e le scale in pietra.

La signora ci accoglie in maniera gioviale e si rende subito disponibile a raccontarsi. In primo luogo parla della vita intesa come usi e costumi in Albania, da cui viene fuori una figura maschile che in Italia attualmente rimane difficile da collocare, infatti racconta di uomini che generalmente passano le giornate al bar, mentre le donne si occupano della casa e di tutto quello che può occorrere al fabbisogno giornaliero; occupandosi anche dell’educazione dei figli, della cura dell’orto e degli animali. Anche in Italia i mariti solitamente mantengono l’atteggiamento di maschio che non aiuta nei compiti domestici la propria compagna per quanto riguarda il mostrarsi all’esterno, mentre chiuso fra le mura domestiche appare disponibile a dare un aiuto nella cura della casa. Ci viene fatto l’esempio della non disponibilità a tendere il bucato all’aperto, sotto possibili occhi estranei, mentre risulta disponibile a farlo all’interno della propria abitazione.

Alla domanda di quali sono state le motivazioni che l’hanno spinta a venire in Italia, la signora risponde che è stata una decisione improvvisa e che i suoi genitori non ebbero il tempo di prepararsi all’idea della sua partenza. Aggiunge inoltre che l’Italia, vista attraverso la televisione, è percepita dalla popolazione albanese come una nazione dove è facile costruirsi una vita agiata.

Dichiara anche che è arrivata qua da sola non sapendo neppure in primo luogo dove sarebbe andata. Dice inoltre che sente molto spesso telefonicamente i suoi genitori, rimasti in Albania, e spesso va a trovarli.

La signore riferisce di essere sposata con un albanese, arrivato a Firenze nel 1987, ha due figli, un maschio di 11 anni e una bambina di 4 anni. La bambina è stata volutamente partorita in Albania, perché conoscere l’iter da percorrere l ‘avrebbe resa più sicura, infatti precisa che pur essendo la sanità un servizio pubblico è consuetudine per essere ben curati dare prima del denaro a chi si occuperà del paziente, per garantirsi un servizio migliore.

La sua posizione rispetto alle leggi sull’immigrazione è regolare, riferisce di aiutare i nuovi arrivati nell’esplicare le procedure burocratiche. Esprime apertamente il suo disappunto dicendo che queste procedure risultano difficoltose per chi ha problemi di lingua e non sa come muoversi per sbrigare le pratiche, inoltre risultano lunghi i tempi di attesa.

L’appartamento dove risiede l’intervistata con la sua famiglia è di proprietà della signora a cui lei presta assistenza.

A questo punto ci viene riferito che molti albanesi quando si mettono in contatto con le famiglie d’origine non raccontano il lavoro che svolgono in Italia, lei stessa ammette di non aver detto alla madre dove effettivamente si trovava quando era alla CASA DI ACCOGLIENZA di Scarperia e neppure il lavoro che sta svolgendo. Il marito lavora , ma non ci viene detto cosa fa attualmente, mentre apprendiamo che in Albania faceva parte della polizia, è arrivato il marito che ci ha raccontato come la polizia svolge il proprio lavoro arrestando persone sulla base di sospetti ancora

prima che queste possano aver pensato all’ipotesi di un eventuale reato.

Alla domanda se ha intenzione di tornare a vivere in Albania lei risponde che al momento non ha nessuna intenzione di tornarci, questa scelta è motivata anche dal fatto che lei tiene molto alla scolarizzazione italiana dei figli, anche se ha molte critiche da fare.

Per quanto riguarda l’apprendere nominativi di suoi connazionali, la signora dice che avrebbe facilitato il nostro futuro incontro mettendo a conoscenza queste persone della nostra iniziativa e ci avrebbe informato di quando e con chi si sarebbe potuta svolgere l’intervista. Chiediamo di tenerci in contatto telefonico, ma la signora asserisce che questo non è necessario, in quanto a breve termine si sarebbe recata, per motivi personali, presso la scuola di Vicchio dove lei l’anno precedente ha svolto la funzione di mediatrice culturale. In tale occasione avrebbe contattato Maria.

18 dicembre 2002 intervista svolta da Donella e Cecilia al presidente della Casa di Accoglienza “Madre dei semplici” di Scarperia.

Ci viene riferito che l’immigrazione albanese ha avuto inizio nei primi anni ’90. La distribuzione di queste persone sul territorio è avvenuta, in maniera casuale, tramite il Ministero dell’Interno e le Prefetture.

Le strutture che sono intervenute in quel periodo sono state: la Caritas, che nella zona opera anche con un centro di ascolto che si trova in Via Giovanni della Casa a Borgo S. Lorenzo, l’associazione Progetto Accoglienza, la quale attraverso il contributo determinante della Congregazione del Terz’Ordine Francescano di S. Carlo che ha dato in uso gratuito una struttura ed ha distaccato una dipendente con mansioni di educatrice, ha realizzato un progetto di casa di prima accoglienza denominata “Madre dei semplici”. Questa Casa di Accoglienza ha la particolarità di essere l’unica nella provincia di Firenze ad accogliere piccoli nuclei familiari.

Il lavoro dell’associazionismo sul territorio ha favorito la sensibilizzazione delle istituzioni locali alla necessità di integrazione degli immigrati.

La Toscana è una regione con una buona propensione all’accoglienza di immigrati, in quanto ci sono più strutture di accoglienza rispetto ad altre realtà regionali.

Alcuni dati significativi possono essere tratti dal Dossier Statistico 2002 sull’immigrazione della Caritas Italiana. Le assunzioni da lavoro dipendente nel 2002 sono state 36.388 e 94.467 sono stati i permessi di soggiorno rilasciati. Altro dato interessante è il numero dei minori stranieri che hanno frequentato l’anno scolastico 2001/02 sono stati 13.558, il 9,2% del totale nazionale.

I primi albanesi arrivati sono stati prevalentemente uomini ed hanno trovato una collocazione lavorativa presso artigiani del territorio, successivamente ne sono arrivati altri che hanno trovato accoglienza presso connazionali già residenti sul posto, solo dopo alcuni anni è stato possibile realizzare i ricongiungimenti familiari con le proprie mogli, mentre gli anziani di famiglia sono rimasti in patria, a questi vengono inviati i soldi per il loro mantenimento.

Inizialmente l’Italia è vista come paese di passaggio verso la Germania ed altri paesi del nord Europa. In realtà a tutt’oggi si registrano presenze di lunga durata ed un’eventuale rientro in patria risulta condizionato dalla volontà delle famiglia di fare frequentare ai propri figli la scuola in Italia.

L’albanese in patria riceve, attraverso la televisione, un’immagine dell’Italia falsata che provoca false aspettative.

Coloro che sono arrivati in Italia senza un appoggio logistico predeterminato hanno affrontato il primo momento di emergenza con tenacia, solo in un secondo momento si è verificata una fase depressiva, quando la loro situazione pareva prendere la strada per una stabilità, con un lavoro che dava la possibilità di cercare un’abitazione, ma anche con la necessità di sbrigare pratiche burocratiche rese più problematiche dalle difficoltà con la lingua.

In genere l’albanese in difficoltà, per quanto riguarda la realtà della Casa di Accoglienza, si rivolge più facilmente alle persone italiane che lo accolgono piuttosto che a connazionali. In certi casi si è potuto verificare anche un altro tipo di realtà: il bambino albanese che va a scuola in Italia e impara la lingua si trova ad essere mediatore culturale per i propri genitori, più frequentemente per la madre, che non sanno l’italiano.

I momenti di aggregazione degli albanesi sono favoriti dall’appartenenza alla stessa zona di origine.

Difficilmente mantengono un rapporto con la Casa di Accoglienza, se non per richieste di aiuto, e sembra non si chiedino il motivo dell’aiuto che gli viene offerto, a meno che il rapporto che si è instaurato non si intensifichi.

16 gennaio 2003 intervista svolta da Maria c/o distretto scolastico n. 18.

Dall’impiegata del distretto ha saputo che i dati in loro possesso riguardano il totale degli alunni frequentanti le varie scuole del Mugello, ma non si possono da lì dedurre quanti sono gli alunni albanesi. È stato indicato che tali dati potevano essere eventualmente forniti rivolgendosi alle segreterie di ciascuna scuola.

19 febbraio 2003 intervista fatta al parroco di Vicchio da Maria e M.Grazia

Presi contatti telefonici il parroco si rende disponibile ad incontrarci presso la parrocchia.

Recatesi all’incontro chiedono se possono registrare l’intervista. Il parroco anche se saputo lo scopo della ricerca vuole prima conoscere su cosa avrebbero vertito le domande. Dopo aver accettato ci rende noto che gli albanesi che si recano in parrocchia sono prevalentemente maschi e chiedono principalmente la casa ed il lavoro, specifica anche che queste persone non chiedono la carità anzi dimostrano un orgoglio particolare.

Non appena queste persone riescono in qualche modo a sistemarsi cercano di usufruire delle opportunità date dalla legge sul ricongiungimento familiare.

Il parroco dice anche che non sa esattamente come gli albanesi presenti sul territorio siano arrivati, ma quelli che arrivano direttamente da lui vengono indirizzati per un primo inserimento alla Casa Di Accoglienza di Scarperia.

Gli albanesi sono o di religione musulmana o ortodossa, quest’ultimi hanno una forte resistenza ad avvicinarsi al culto cattolico ma i bambini frequentano le lezioni di catechismo, quando ciò viene visto, dai genitori, come una maggiore opportunità di inserimento ed integrazione nella vita sociale del paese.

Il lavoro che può essere veicolato tramite la parrocchia è l’assistenza agli anziani e lavori domestici in genere. Per quanto riguarda il lavoro maschile, lui è a conoscenza del fatto che molti lavorano nel campo dell’edilizia, svolgono mansioni di muratura in quanto sono lavori ben pagati e non richiedono nessun titolo di studio.

Le donne albanesi svolgono solitamente un lavoro che consente loro di aver tempo da dedicare alle proprie famiglie e fa l’esempio di una donna, regolarmente assunta come ausiliaria presso la scuola di infanzia Beato Angelico di Vicchio gestita dalla parrocchia, la quale, per sua libera scelta, lavora solo quattro ore.

Il parroco, alla domanda se è a conoscenza di clandestini sul territorio, risponde che anche a Vicchio come nel resto del territorio c’è una presenza di persone non legalizzate che vengono aiutate.

21 febbraio 2003 intervista fatta ad un insegnante della scuola calcio Fortis Juventus da Donella e Cecilia

Dopo che Donella aveva preso contatti telefonici con l’insegnante, dieci giorni prima (il nominativo le era stato dato dal cognato, il quale aveva frequentato l’ambiente per lungo tempo), e aver spiegato cosa stiamo facendo, l’intervistato ha risposto con interesse e disponibilità, quindi è stato fissato un appuntamento per le ore 18 presso il campo sportivo; l’unica sua preoccupazione era che noi chiedessimo dei nominativi, di famiglie albanesi in contatto con loro, per poi utilizzarli per andare a fare delle interviste, ma gli è stato spiegato meglio che non era nostra intenzione chiedere dati personali e che per questa seconda tappa del progetto avremmo utilizzato altre fonti.

All’incontro l’istruttore spiega, con orgoglio, che la scuola calcio di Borgo S. Lorenzo è presa a campione dalla società sportiva nazionale che pone come obbiettivo quello di offrire ai bambini una vera scuola, piuttosto che quello di allevare campioni. Per questo motivo durante le partite vengono fatti giocare tutti indipendentemente dalla bravura, cosa che invece non viene condivisa da quei genitori che ritengono il proprio figlio un campione e quindi meritevole di giocare più degli altri.

La scuola calcio va dai 6 anni ai 12. Una volta finita la scuola le regole cambiano, quelli che non erano abbastanza bravi possono trovare collocazione in squadre minori oppure in squadre amatoriali. I giovani albanesi, che abitano nella zona, si trovano a giocare a calcio il sabato pomeriggio, presso il parco della misericordia.

L’insegnante continua fornendo e commentando alcuni dati.

La scuola calcio conta circa 130 iscritti, di cui 12 albanesi.

I bambini albanesi, durante il primo mese di inserimento, accusano atteggiamenti discriminatori nei loro confronti, del tutto infondati, da parte dei loro compagni italiani, es. “non mi passano la palla”, ma passato questo primo periodo riescono ad inserirsi molto bene; nelle dinamiche di gruppo quel che conta è la bravura in campo.

In genere i bambini parlano italiano, anche se più o meno bene, e capita che facciano da interpreti ai genitori.

Essere iscritti alla scuola calcio significa fare tre o quattro ore di allenamento settimanale, più la partita al sabato pomeriggio o la domenica mattina, questo vuole dire giocare anche in trasferta.

Per le trasferte c’è la necessità di spostarsi con le auto. Dopo i primi incontri, i quali servono anche per la conoscenza e la socializzazione fra genitori, indipendentemente che siano albanesi o italiani, questi si organizzano per fare il viaggio con le auto a pieno carico e molto spesso succede che i bambini albanesi vengono prelevati direttamente a casa dagli altri genitori, perché non tutti hanno la disponibilità di un’auto.

Un altro momento di socializzazione si può avere durante le cene organizzate presso il campo sportivo, infatti, qui si trova un locale che funziona come bar pizzeria, dove vengono festeggiati, molto spesso, anche i compleanni dei ragazzi, visto i prezzi modici che vi si trovano. Si può notare che anche fuori dal campo si mantengono sempre le stesse dinamiche di gruppo, quello che si verifica in squadra si mantiene anche fuori, in particolar modo chi è bravo in campo mantiene un riconoscimento.

L’intervistato, inoltre, come insegnante dell’istituto professionale Chino Chini di Borgo S. Lorenzo, è a conoscenza che quasi la totalità dei ragazzi albanesi presenti sul territorio che continua gli studi dopo la scuola dell’obbligo, frequenta il suddetto istituto, per questo consiglia di parlare anche con qualche suo collega, per poter conoscere anche un’altra realtà. Continua dicendo che le eventuali difficoltà con la lingua, la loro preparazione scolastica e l’interesse che hanno verso la scuola, fanno si che le iscrizioni ad un liceo siano molto limitate. In chi a frequentato le scuole dell’obbligo in Italia, si può notare una differenza di preparazione, ma poi l’orientamento nella scelta degli studi superiori non cambia, generalmente sono più portati al lavoro manuale, piuttosto che ad impegnarsi nello studio.

Per quanto riguarda l’inserimento nella scuola, trovano meno difficoltà quei ragazzi che frequentano uno sport di squadra, perché mantengono anche fuori quel riconoscimento di cui godono nel gruppo sportivo.

21 giugno 2003 – Rapporto dei risultati della fase intermedia

1- Da parte della signora albanese, mediatrice culturale, non è pervenuta a tutt’oggi nessuna comunicazione

2- Alcune interviste indicate alla voce uffici ed enti pubblici non sono attualmente da noi trascritte perché conosciute solo come narrazione verbale (Maria, Maria Grazia, Donella).

3- Dalle interviste fatte i punti emersi più significativi per noi, in quanto ricorrono spesso nei discorsi degli intervistati sono:

* Il desiderio di trovare un lavoro, un’abitazione che permetta loro il ricongiungimento familiare.

* Le famiglie risultano relativamente giovani e composte da padre, madre e 2 o 3 figli.

* L’esigenza della scolarizzazione dei figli in Italia, sentita in particolar modo dalle donne.

* Il diritto di accedere ai servizi pubblici è da loro percepito come dovuto.

* L’integrazione sociale appare più facilitata per le donne, in quanto dovendo gestire la vita di relazione per loro stesse e la famiglia hanno esigenza di conoscere la nostra lingua.

* Si rileva altresì che nel contesto familiare, in presenza di persone estranee, la donna interviene raramente, quando lo fa, cerca con lo sguardo il consenso del marito, il quale gestisce la situazione.

* È evidente che permane un atteggiamento “di tipo albanese” quando raccontano le loro esperienze, omettono od eludono risposte che a loro avviso potrebbero essere troppo rivelatrici del loro vissuto. Molto significativo, ci è parso l’esempio fatto da un’intervistata per farci capire che fa ancora parte dell’educazione dei figli, il non dover raccontare cose, a nostro avviso anche banali, tipo: alla domanda di una conoscente -dove è la mamma?- La risposta del bambino -a fare la spesa- ha comportato il rimprovero della madre, la quale gli ha ribadito che non deve raccontare i fatti di famiglia.

* È importante, inoltre, sottolineare che viene da loro recepito come valore il potersi uniformare allo stile italiano, sia per quanto riguarda l’aspetto fisico (trucco, vestiario, ecc.) che per le abitudini sociali e comportamentali.

* Risulta anche che la maggior parte di loro pur mantenendo un forte legame con la famiglia di origine, sentendosi spesso telefonicamente e/o recandosi in vacanza nei luoghi di origine, non manifestano al momento il desiderio di ritornare permanentemente in Albania.

* Dalle conoscenze pervenute tramite le interviste possiamo affermare che l’immigrazione nel Mugello, da parte degli albanesi, è iniziata da circa 13 anni e continua a tutt’oggi. Dai dati rilevati dagli uffici anagrafe dei comuni del Mugello viene chiaramente la fotografia della collocazione sul territorio di questa popolazione. Possiamo vedere che è quasi nulla la presenza di immigrati nell’Alto Mugello, mentre risulta più massiccia la presenza nel Basso Mugello, dove ci sono centri più industrializzati e bisognosi di manodopera.

This entry was posted in Articoli. Bookmark the permalink.